Wednesday, December 30, 2015

Milano Expo 2015 - successo o flop?
   I voti all’Expo: tre semafori verdi, tre gialli e uno rosso
                    Adattato da un articolo nella pubblicazione Il Sole 24 Ore

1. Presenze – voto medio
Alla fine Expo ha raggiunto quota 21,5 milioni di visitatori, superando il traguardo dei 20 milioni che il commissario unico all'evento, Giuseppe Sala, aveva fissato prima dell'avvio della manifestazione (anche se l'obiettivo iniziale era di 24 milioni). Missione compiuta, verrebbe da dire. Le file all'ingresso e ai padiglioni dimostrano in maniera inequivocabile che, soprattutto da luglio in avanti, il sito è stato preso d'assalto dai visitatori. Da chiarire però i prezzi a cui i biglietti sono stati venduti e, dati i molti special, di conseguenza, gli incassi. Il budget è stato rispettato?

2. Servizi  – voto medio
La partenza, il primo mese, è stata molto a rilento. Calcinacci e sacchi di detriti nei vialetti laterali testimoniavano la corsa in apnea per arrivare al traguardo dell'inaugurazione. Alcuni padiglioni erano incompleti, un piano di Palazzo Italia chiuso. Chiusi i servizi, chiusa la terrazza. Da giugno in avanti, però, la musica è cambiata completamente. Segnaletica a posto, servizi efficienti, mobilità interna molto buona, punti di informazione funzionanti. Unico grande neo, tuttavia, restano le code: all'ingresso, ai padiglioni. Code ordinate e ben gestite, d'accordo, ma pur sempre attese lunghissime. Le dieci ore segnalate al padiglione del Giappone erano, più o meno, l'orario completo di apertura.

3.  Accesso al sito – voto buono
Il sistema infrastrutturale per accedere al sito era uno degli spauracchi della vigilia. Si temevano intasamenti delle strade, code sulla tangenziale di Milano e la A4, treni affollati e metropolitane impraticabili. Anche perché alcune opere viarie non erano state completate. Invece il sistema ha retto. Poche volte ci sono stati intasamenti davvero problematici, non molto di più di quello che succede nei giorni critici a Milano, in occasione di avvenimenti importanti come le sfilate della moda e il Salone del mobile. Il mix incoraggiato dalle autorità tra trasporti pubblici (circa il 40 per cento degli accessi) e auto private ha funzionato.
4. Indotto turistico – voto buono
La quota di occupazione degli alberghi è in media salita dal 79% del 2014 all'89%. Aumenti di presenze e di occupazione delle camere si sono registrati anche nelle città limitrofe a Milano e a Venezia e Firenze. A settembre gli arrivi nei tre aeroporti milanesi sono cresciuti del 7 per cento. Rispetto alle previsioni della vigilia non c'è stata la valanga cinese, mentre sono cresciuti gli arrivi di italiani ed europei. Milano si è mostrata nella sua forma migliore.

5. Eventi e fuori Expo – voto scarso
È stata la sola voce di Expo decisamente al di sotto delle aspettative. Da un lato il successo del sito ha ridotto gli spazi per gli eventi in città, dall'altro il cartellone degli eventi si è dimostrato inferiore delle aspettative, con manifestazioni e spettacoli non abbastanza appealing per convincere i visitatori di Expo a spostarsi in città. Tanti piccoli eventi, molti dei quali già previsti e soltanto “Expo-vestiti”, pochi spettacoli «mass mover». Ha deluso anche la risposta del pubblico a programmi “di peso”, come quello messo in piedi dal Teatro alla Scala per tutta l'estate, che non ha dato i frutti sperati. Il colpo di grazia, anche ai ristoranti e ai locali milanesi, lo ha dato il biglietto a 5 euro per accedere a Expo dalle 18 in poi. Molti milanesi, nelle serate estive, si sono trasferiti a Rho per cenare, vedere lo spettacolo dell'Albero della vita o i numerosi concerti e performance organizzati all'interno dei sito espositivo. Insomma, fuori Expo vittima di Expo.

6. Visibilità all'estero – voto buono
Sono 140 i Paesi che hanno partecipato ufficialmente a Expo. Sono 54 i padiglioni costruiti dai Paesi e nove i cluster con più Stati presenti. Sessanta i Capi di Stato e di Governo che hanno visitato il sito di Rho, tra cui il russo Putin, il britannico Cameron, la tedesca Merkel, il francese Hollande e lo spagnolo Rajoy. Ma probabilmente l'evento più mediatico è stata la visita della first lady americana Michelle Obama con le due figlie, accompagnata tra i padiglioni da Agnese Renzi. Inoltre hanno visitato l'Esposizione universale circa 300 delegazioni istituzionali internazionali, arrivate in Italia con l'obiettivo preciso di cercare contatti commerciali e industriali con le nostre istituzioni e le nostre imprese. Expo per sei mesi è stata la vetrina dell'Italia nel mondo e le immagini, metaforiche e reali, di una Milano efficiente e attraente sono rimbalzate in tutto il mondo. È l'eredità sulla quale vanno costruite e consolidate relazioni di business. Non poco.

7. Incontri B2B – voto medio
La cifra definitiva è difficile da quantificare, perché quasi tutti i padiglioni hanno dato vita, nei sei mesi di Expo, a incontri d'affari tra delegazioni (istituzionali, commerciali e industriali) dei propri Paesi e le istituzioni o le aziende italiane. Senza contare i tanti eventi business organizzati fuori dal sito di Expo e addirittura fuori Milano. Secondo la Camera di commercio di Milano, la cifra complessiva dovrebbe attestarsi attorno a 40mila incontri B2B, che hanno coinvolto migliaia di imprese italiane, e non soltanto del settore agroalimentare (protagonista di Expo). Resta tuttavia da capire e verificare se, nei mesi a venire, i tanti contatti creati attraverso questi incontri si tradurranno in opportunità e commesse concrete per le aziende italiane.


Tuesday, December 8, 2015

Rome Maker Faire, il terzo polo dell’innovazione dopo San Francisco e New York
È una fiera che unisce scienza, fantascienza, tecnologia divertimento e business e dà vita a qualcosa di completamente nuovo. I risultati di makers, sognatori e appassionati, sono visibili al Maker Faire di Roma, la più grande fiera europea dell’innovazione tecnologica, nonché la terza più importante al mondo dopo quella di San Francisco e New York. L’evento ha ospitato 600 stand e 700 invenzioni selezionate tra più di 1300 progetti provenienti da tutto il mondo.
Maker Faire è un evento pensato per accendere i riflettori su centinaia di progetti provenienti da tutto il mondo in grado di catapultare i visitatori nel futuro.
Non solo una fiera per addetti ai lavori. Alla  Maker Faire, infatti, si possono trovare invenzioni in campo scientifico e tecnologico (dalle stampanti 3D ai wearables, passando per droni, robot e il digital manufacturing) ma anche nuove forme di arte, spettacolo, artigianato, sperimentazioni sul cibo e attrazioni mai viste prima.
Per fare qualche esempio si possono citare la pinza chirurgica intelligente che è stata brevettata da alcuni medici e ingeneri dell’Università la Sapienza di Roma, capace di distinguere i tessuti sui quali si opera, evitando errori come la sezione di un nervo.
Air Quality Monitor è stata progettata per permettere l’acquisizione di vari parametri ambientali, soprattutto orientati ad indicare la qualità dell’aria.  Acquabot, un drone dotato di eliche per la navigazione subacquea autonoma e fotocamera per catturare bellissimi video subacquei.  Tante le invenzioni anche in campo alimentare: ArdBir ha concepito un metodo automatizzato per realizzare la birra in casa.

Il filo conduttore è la semplificazione e il miglioramento di processi già esistenti o la creazione ex novo di soluzioni che risolvano piccoli e grandi problemi.

Tuesday, November 17, 2015


Ferrante ha scritto il Grande Romanzo Americano?
Paolo Armelli, Wired blogger, Pubblicato novembre 12, 2015
Che i romanzi di Elena Ferrante siano un enorme successo commerciale negli Stati Uniti, dove sono conosciuti ormai come “the Napolitanean novels“, è ormai un fatto. Capire i motivi di questo successo è leggermente più complesso, perché si devono sommare più fattori e considerare anche la frammentazione del mercato editoriale americano. Ma se ne può dare anche una spiegazione di tipo socio-economico, oltre che letterario, come prova a fare Alissa Quart su BuzzFeed.
Secondo Quart, che si occupa di un’associazione che supporta lo studio giornalistico delle condizioni lavorative di povertà, il focus è ovviamente sulle due amiche protagoniste, Elena e Lila, ma da una prospettiva prettamente “economica”: “Mentre la maggior parte dei critici e dei commentatori si è concentrata sul ritratto dell’amicizia contrastata ma duratura fra le due donne, credo che questi libri catturino l’attenzione dei lettori americani per via dell’incredibile scalata sociale delle protagoniste“.
Insomma, nel più classico tema dell’American Dream, i romanzi di Ferrante hanno sbancato negli States proprio perché raccontano la mobilità sociale, tema che oggi è quasi mitologico perfino oltreoceano. Figlie rispettivamente di un usciere e di un calzolaio, Elena e Lila hanno, fin dalla quinta elementare, come obiettivo il benessere: ci riusciranno l’una sposandosi “bene” e intraprendendo la carriera intellettuale grazie alle conoscenze del marito, l’altra superando varie traversie e buttandosi nel boom tecnologico degli anni Sessanta.
Un’altra epoca, appunto, ma che può ben essere correlata all’America dei giorni nostri. Un commentatore citato da Quartz dice infatti: “Anche se ambientata in un tempo e in un luogo specifici (la Napoli degli anni Cinquanta), la saga rappresenta gli effetti universali che la povertà comporta nella vita delle persone: parla dunque anche delle zone rurali e dei ghetti urbani degli USA nel 2014“.
Le scalate sociali e la possibilità di “redimersi” da una condizione di povertà estrema sono temi che si riscontrano nei romanzi di Ferrante ma che sono divenuti una rarità nella letteratura americana. C’è piuttosto la preoccupazione di narrare come la crisi minacci o faccia effettivamente perdere le posizioni di vantaggio ottenuti nei decenni precedenti: perfino il recente Purity di Jonathan Franzen, considerato l’erede più significativo del Grande Romanzo Americano, sembra noncurante di questi argomenti.

Eppure, afferma Quartz, “ci sarebbe una grande letteratura che attende di essere scritta sulle persone congelate nella loro posizione a causa delle loro origini, del loro salario, del loro lavoro“. E ancora di più si potrebbe dire su coloro che intraprendono strade tortuose per arrivare a essere, finalmente, “qualcuno”. In questa situazione non stupisce, dunque, che Elena Ferrante sia la scrittrice che tutti i lettori americani vogliono leggere. Perché i suoi libri rappresentano il romanzo di cui attualmente gli Stati Uniti sentono la mancanza.

Tuesday, November 10, 2015

Perché diciamo le parolacce e quante sono?

Il bello delle parolacce
Per Sigmund Freud, padre della psicanalisi, "colui che per la prima volta ha lanciato all’avversario una parola ingiuriosa invece che una freccia e stato il fondatore della civiltà”.
Altri scienziati si sono spinti oltre: forse la prima parola dell’uomo fu... una parolaccia. L’ipotesi è dell'etologo Irenaus Eibl-Eibesfeldt: per lui gli insulti sono stati il più importante motore nello sviluppo del linguaggio, perché hanno aiutato a risolvere gli scontri in modo non cruento: "Se si toglie a un partner un oggetto con un gesto di minaccia, ciò provoca una reazione diretta. Usando le parole, in­vece, un'espressione di minaccia apre una discussione che può condurre alla soluzione del conflitto senza degenerare in atti violenti". Anche se, a volte gli insulti innescano risse...
Le parolacce, del resto, hanno una storia millenaria: compaiono già nella saga di Gilgamesh, il più antico poema della storia (2000 a. C). San Francesco d’Assisi è il primo santo a cui è attribuita una parolaccia. Nei Fioretti dice a un demonio “Apri la bocca: mo’ vi ti caco.”
Non stupisce quindi, che oggi le parolacce siano state depenalizzate: la legge 205 del 1999 ha preso atto che le volgarità sono entrate nel linguaggio di tutti e non sono più un'offesa alla pubblica decenza. Del resto si stima che in tv si dica una parolaccia ogni 21 minuti... Il vocabolario Zingarelli ne conta 301 però se includiamo le espressioni composte, “porco Giuda”, e dialettali si arriva intorno alle 3000.

A rischio di galera
Eppure, altre 30 leggi puniscono le parolacce (dall’oltraggio all’ingiuria), prevedendo fino a 5 anni di carcere per chi insulta (vilipende) il presidente della Repubblica o un giudice. E fa sempre scandalo quando qualcuno dice una bestemmia in tv...
Ma perché le parolacce hanno tanto potere? Perché si può dire feci, escrementi, pupù, cacca, ma se si dice merda si è tacciati di maleducazione? Per rispondere, bisogna definire che cos'e una parolaccia e che cosa la distin­gue dalle altre parole. L’impresa è difficile, persino per i linguisti. Timothy Jay, psicolinguista al Massachusetts College of liberal Arts di North Adams (Usa) e uno degli esperti mondiali sul tema, ha detto che le parolacce sono le ultime "parole magiche" rimaste all’uomo, perché consentono di ottenere 8 effetti che con le altre parole non si possono conseguire. Ecco quali.
1. Sfogarsi: Quando esclamiamo Cazzo! Merda! Riusciamo a tradurre in parole emozioni così violente da essere inesprimibili: rabbia, frustrazione, sorpresa, paura … Così possiamo sfogare la nostra aggressività contro un oggetto o una situazione, evitando che il surplus di energia dell’ira si ritorca contro di noi. Molti disturbi psicosomatici come l’ipertensione o la colite possono dipendere da rabbia inespressa.
2.  Eccitare: Una parolaccia su due è un’oscenità: parla di sesso in modo esplicito. A differenza dei nomi scientifici (glutei), le parole oscene (culo) riescono a far “immaginare la parte del corpo di cui si parla”, disse Freud.
3.  Esprimere disgusto: Il fascino di pipì e pupù ha radici antiche: sono il nostro primo “prodotto”. Fu solo la vita sociale a trasformare le feci in oggetto di disgusto, per il timore che il loro uso incontrollato mettesse a rischio l’igiene. Ecco perché quando parliamo di cacca, oscilliamo fra l’infantile e la repulsione.
4.  Divertirsi: “Caro, ho l’impressione che tu sia meno dolce con me”. “Ma che cazzo dici, sei rincoglionita?” Senza le parolacce non farebbe ridere: le volgarità, infatti, sono un ingrediente essenziale dell’humour.
5.  Avvicinarsi: Perché se diciamo a un caro amico “Ciao, vecchia troia” lui non si offende? Perché dal tono di voce capisce che quell’insulto è detto in senso affettuoso.
6.  Attirare l’attenzione: Fa una grande differenza dire: “Che cosa vuoi?” e “Che cazzo vuoi?” Nel secondo caso, la parolaccia funge da rafforzativo: serve a informare sul proprio stato di irritazione, sfruttando l’intensità emotiva del termine sessuale. Si usa uno choc verbale per attirare l’attenzione, provocare, minacciare. “Quella cazzo di stampante!”
7.  Offendere e maledire: Prendiamo un insulto diffuso: “Faccia di merda”. Con questa espressione si abbassa la parte più nobile del corpo, il viso (specchio dell’anima), al livello più infimo: l’escremento, l’oggetto più repellente e privo di valore. Gli insulti, infatti, funzionano così: esprimano una degradazione, un abbassamento fisico, cioè lo spostamento dalla nobiltà della testa all’oscena materialità dei genitali (“Testa di cazzo”) o al deretano (“Faccia da culo”) oppure la degradazione ad animale (somaro) o vegetale (zuccone).
8.  Emarginare: Le parolacce non si usano solo per abbassare l’autostima di un avversario. Possono avere un effetto ancora più dirompente: scomunicarlo, ovvero emarginarlo da un gruppo bollandolo come “diverso”, anormale, fuori legge: bastardo, terrone, puttana, frocio, porco, rompicoglioni.

In sintesi, le parolacce mettono a nudo, in modo degradante e offensivo, le pulsioni fondamentali dell’uomo. E in questo modo evocano il timore della morte, perché rappresentano in modo diretto gli aspetti più delicati e vitali dell’esistenza. Le parolacce (e i relativi limiti d’uso) sono infatti un prodotto della convivenza sociale.

D’altronde, che modo sarebbe senza parolacce?  Cosi’: «Suina prostituta! Mi sono rotto i testicoli di queste multe di feci!» Volete mettere l’efficacia di «Porca puttana! Mi sono rotto le palle di queste multe di merda

Tuesday, November 3, 2015

Vuoi sapere il nome di un fiore o albero? Ci sono app gratis per questo!!

  
LeafSnap ti permette di identificare il tipo di albero tramite una foto di una foglia.  Ponile su un background bianco, scatta la foto e avrai una serie di immagini di alberi più probabili.

Per fiori e piante prova GardenAnswers.  Fai una foto ravvicinata e di nuovo compariranno foto dei fiori più simili.  Puoi fare domande e anche cliccare sulla foto per avere dettagli sulla sua manutenzione.


Naturalmente ci sono altre app gratis e a pagamento.

Buon divertimento.

Tuesday, October 27, 2015



Chiami in Italia questa settimana?  
Ricorda che hanno già levato l’ora legale, mentre qui negli Usa lo faremo questo weekend.





You can’t fight city hall?  This woman did.

An Ohio woman beat a traffic ticket by calling out her town’s bad grammar. Andrea Cammelleri found her truck towed from a spot where “motor vehicle campers” were prohibited, but the citation should have read “Motor vehicles, campers”. Cammelleri told a judge that her truck was not a motor vehicle camper and the ticket was incorrect.  The judge agreed and ordered the town to pay her $1500. “I was told ‘don’t fight city hall’, I’d never win. I did”, she said.

Monday, October 12, 2015

TV Italiana gratis

Come guardare programmi della TV italiana gratis comodamente sulla tua TV negli USA.

Conetti la tua TV all’internet (wi-fi sulla TV o un laptop connesso alla TV con un cavo HDMI).

Vai a www.rai.it.  Diversi programmi degli ultimi 7 giorni sono disponibili accedendo a “rai replay” scegliendo il canale (Rai1, Rai2 ecc.) e il giorno.

Inoltre puoi cercare un programma per nome. Comparirà una lista di puntate dove puoi vedere programmi tenuti nell’archivio.

Ci sono vari programmi tra cui scegliere, per esempio:
Il Tempo e la Storia: “le donne durante il fascismo”, “il piano Marshall”, “Caporetto”, e tanti altri.
Visionari:  Da Vinci, Einstein, Michelangelo, ecc.
Viaggio nell’Italia del giro, che fa un viaggio storico e culturale nelle diverse regioni della penisola.
Fuori binario
Fuori luogo
Questi sono solo alcuni esempi.

E puoi vedere il telegiornale in italiano in qualsiasi momento.

Buon divertimento!

Sunday, October 4, 2015

America’s Fragile Constitution
The Founders misread history and established a dysfunctional system of government. A case for a little less reverence.

Since the american Revolution, many new democracies have taken inspiration from the U.S. Constitution. Around much of the world, parliamentary systems became prevalent, but some countries, particularly in Latin America, adopted the presidential model, splitting power between an executive and a legislative branch.

When, in 1985, a Yale political scientist named Juan Linz compared the records of presidential and parliamentary democracies, the results were decisive. Not every parliamentary system endured, but hardly any presidential ones proved stable. “The only presidential democracy with a long history of constitutional continuity is the United States,” Linz wrote in 1990. This is quite an uncomfortable form of American exceptionalism.


Linz’s findings suggest that presidential systems suffer from a large, potentially fatal flaw. In parliamentary systems, governmental deadlock is relatively rare; when prime ministers can no longer command legislative support, the impasse is generally resolved by new elections. In presidential systems, however, contending parties must eventually strike a deal. Except sometimes, they don’t. Latin America’s presidential democracies have tended to oscillate between authoritarianism and dysfunction.

…. “This is a system that requires a particular set of political norms,” Eric Nelson told me, “and it can be very dangerous and dysfunctional where those norms are not present.” Once those norms have been discarded, the president or either house of Congress can simply go on strike, refusing to fulfill their responsibilities. Nothing can compel them to act.

Until recently, American politicians have generally made the compromises necessary to govern. The trouble is that cultures evolve. As American politics grows increasingly polarized, the goodwill that oiled the system and helped it function smoothly disappears.

For the whole article, see



Wednesday, September 30, 2015

I segreti del Duomo di Brunelleschi a Firenze

Per vedere il film  dalla National Geographic Society

Tutti sanno che la Cupola (dome) del Duomo di Firenze è il capolavoro per eccellenza dell’architetto Filippo Brunelleschi. Ma forse non tutti sanno la particolarità che rende (makes it) ancora più incredibile questa opera: è infatti considerata la più grande cupola in muratura mai costruita, usando più di 4 milioni di mattoni (bricks), senza l’impiego (without using) di un supporto di legno o centine (centring). Questa struttura solitamente viene usata in architettura ed in edilizia (construction) come base di appoggio (support) per il posizionamento dei blocchi di pietra o dei mattoni nella costruzione di volte, ponti, ecc.  La cupola va dai 70 ai 100 metri e costruendo questi supporti dal pavimento avrebbe richiesto un enorme investimento di materiali e denaro.

Ma come è riuscito allora, il nostro geniale Filippo, a innalzare (raise) l’enorme cupola senza alcun sostegno (support)? Questa domanda è rimasta (remained) per molto tempo senza risposta. Il maestro era infatti molto geloso (jealous) del proprio lavoro e non ha lasciato ai posteri (posterity), o a possibili scopiazzatori (copiers), nessuna indicazione chiara sulla sua modalità (process, modality) di lavoro.

Varie sono state le tesi (theories) avanzate (proposed) negli anni ma, solo recentemente, grazie agli studi dell’architetto Massimo Ricci, è stato possibile formulare un’ipotesi più che valida sul segreto della Cupola.  L’unico metodo alla Brunelleschi da Ricci conosciuto era quello che procede per tentativi; per tale motivo (for this reason) ha costruito modelli in scala (scale models) delle gru (cranes) e dei montacarichi (hoists) inventati dall’architetto fiorentino. Ha perlustrato (examined) la cupola da cima a fondo (from top to bottom) ed attraverso tutti i suoi strati, alla ricerca degli indizi rivelatori (revealing evidence), effettuando una mappatura dell’insieme (making a map of the whole) ed incrociando (crossing, cross checking) i dati con tutti i documenti archiviati (archived), compresi quelli risalenti (dating back to) al periodo della costruzione che avvenne tra il 1418 (anno in cui si bandì (announced) il famoso concorso pubblico) ed il 1436. Una cupola in mattoni di quelle dimensioni col la tecnologia del XV secolo non avrebbe potuto essere costruita. L’architetto Ricci ha speso più tempo a cercare di capirne i segreti che Brunelleschi a realizzarlo.


Si è da tempo (for some time) scoperto che il posizionamento a spina di pesce (herringbone) dei mattoni sembra essere una caratteristica fondamentale dell’immensa struttura dando (giving) più stabilita all’insieme.  Ha poi impiegato delle corde col compito (job) di tracciare (trace) degli archi lungo (along) gli otto lati delle pareti che man mano (gradually) venivano elevate. Queste corde, partendo da un disegno alla base a forma di fiore costituivano una guida mobile per posizonare ogni singolo mattone su una leggera curva.  I mattoni venivano così disposti a arco invertito (inverted arch) che è una delle tecniche più stabili. Queste corde che guidano la posizione delle mattoni sono il vero secreto dell’intera opera. La genialità (genius) si esprime anche nello sfruttamento (utilization) del concetto della doppia cupola, l’una inserita dentro l’altra.

Per nascondere questo trucco (trick) e difendere la sua tecnica, Brunelleschi fece esporre a vista mattoni disposti in modo diverso da quello da lui utilizzato, facendo in modo che fossero posizionati longitudinalmente invece che lateralmente. In questo modo riuscì a mandare fuori strada (send on a false path) tutti coloro che, osservando i mattoni, cercassero di utilizzare la loro sistemazione per arrivare alla tecnica da lui usata.
Oggi è possibile conoscere in maniera più approfondita l’architettura di questa meravigliosa opera, grazie ad una cupola in miniatura che lo stesso Ricci ha fatto costruire all’interno del Parco dell’Anconella.
La costruzione di questa cupola in miniatura è stata effettuata (realized) utilizzando mattoni in scala 1:5 ed impiegando riproduzioni degli strumenti dell’epoca (corda, filo a piombo (plumb line), centine mobili in legno, carrucole (pulleys) alzate a mano), mentre la mano d’opera (workers) è stata fornita dagli studenti della Scuola Edile della Provincia di Firenze. Per la produzione del documentario della National Geographic hanno partecipato anche membri del International Masonry Institute.
Il modello in scala è l'unica rappresentazione fisica aperta della Cupola: è stato infatti deciso di completarla solo per due terzi per permettere così la visione (visibility) interna della struttura.

Oltre al capolavoro del Duomo, durante la costruzione Brunelleschi ha inventato un argano (winch) per sollevare (lift) e abbassare (lower) carichi (loads) molto pesanti. Dato che era molto difficile far marciare indietro (reverse direction) i buoi (oxen), lo ha poi dotato (equipped) di uno speciale meccanismo rocchetto-ruota (sprocket wheel) dentata (toothed) che gli consentiva di invertire il movimento del carico senza cambiare il senso di marcia (direction) degli animali.

Per vedere il film  -



Tuesday, September 22, 2015

La missione Rosetta con Amalia Ercoli Finzi

Philae si sta muovendo sulla cometa. «Dove sia esattamente non è possibile saperlo» ha detto Amalia Ercoli Finzi, responsabile dello strumento SD2 (il "trapano" che il lander usa per perforare la superficie di 67P). «Ma la mia idea è che ci stiamo muovendo sulla cometa, perché anche se il lander pesa 100 kg, su Churyumov-Gerasimenko è come carta velina».


Amalia Ercoli Finzi, tra le menti della missione Rosetta.

Il problema più grande non è contattare Philae, ma mantenere stabile il contatto. «Abbiamo due problemi – ha spiegato Amalia Ercoli Finzi - sia con il ricevitore, sia con i trasmettitori. Pare che uno dei due trasmettitori non solo sia danneggiato, ma entri in una sorta di risonanza con il secondo trasmettitore: non lo lascia lavorare, e ogni tanto interferisce. Abbiamo cercato di farne funzionare soltanto uno, ma ora siamo in difficoltà perché la quota dell'orbiter, a cui trasmettiamo affinché a sua volta trasmetta a Philae, diventa sempre più alta dal momento che la cometa è attiva. Fino all'inizio del mese prossimo non tenteremo più di colloquiare: volevamo mantenerci a 100 km di distanza dalla cometa, ma per ora non ci riusciamo». 

Il vero successo della missione Rosetta è stato sì atterrare su 67P - «come prendere un moscerino a 600 milioni di km di distanza dal Sole» - «ma soprattutto svegliarsi dopo oltre due anni di ibernazione» continua Ercoli Finzi. «Eravamo con il cuore in gola. Quando ho ritrovato il contatto con il mio strumento mi sono messa a piangere. Se non ci fossimo svegliati allora, la missione sarebbe fallita».

«La prossima missione a cui stiamo pensando è non solo far atterrare il lander su una cometa, ma portare indietro qualcosa, come doveva originariamente avvenire per questa missione. Inizialmente volevamo recuperare ghiaccio dalla cometa e riportarlo a Terra, ma all'epoca era impossibile. Oggi ci aiutano tanto le nanotecnologie, questo è l'obiettivo che abbiamo in futuro». Ha aggiunto che la cometa non è stata scelta, ma assegnata: la missione Rosetta doveva arrivare su un'altra cometa, ma il lanciatore europeo non era pronto, e le comete non aspettano.

Thursday, September 3, 2015


Pasta losing its appeal?

Behind closed doors, dinner tables are getting less doughy. Grains, still ubiquitous in diets around the globe, are losing favor as a result of a growing fear that they might be adding inches to our guts, or discomfort to our stomachs. And there is, perhaps, no better example of this phenomenon than what's happened to one of the world's favorite foods: pasta.
Simply, people are eating less of it. The data show that the cheap and easy meal hasn't disappeared from diets, but diners aren't consuming it with the gusto they once did.
The trend can be seen in the North America, where sales of dried pasta have fallen by 6 percent since 2009, according to data from market research firm Euromonitor. A report published in April by Mintel projects that the U.S. decline will continue through at least 2019 for the pasta category.
It can be seen in Australia, too, where the market for pasta has contracted by almost 8 percent since 2010.

The popular Italian food is also losing its luster in Europe, where several countries have scaled back in recent years. In Germany, dried pasta sales have dipped by 12 percent since their peak in 2008. In Greece, they have fallen by 15 percent over the same period.

Even in Italy, the birthplace of pasta, people are growing wary of the carb-heavy food. Sales of dried pasta have plummeted by more than 25 percent since 2009 in Italy. "Italians—particularly women—increasingly see pasta as fattening, boring and time-consuming," the Wall Street Journal wrote in 2013.

Wednesday, September 2, 2015


Perché si festeggia il Ferragosto?

Il nome della festa di Ferragosto deriva dal latino feriae Augusti (riposo di Augusto), in onore di Ottaviano Augusto, primo imperatore romano, da cui prende il nome il mese di agosto.

Era un periodo di riposo e di festeggiamenti istituito dall’imperatore stesso nel 18 a. C., che traeva origine dalla tradizione dei Consualia, feste che celebravano la fine dei lavori agricoli, dedicate a Conso che, nella religione romana, era il dio della terra e della fertilità.

In tutto l’Impero si organizzavano feste e corse di cavalli, e gli animali da tiro, inutilizzati per i lavori nei campi, venivano adornati di fiori. Inoltre, era usanza che, in questi giorni, i contadini facessero gli auguri ai proprietari dei terreni, ricevendo in cambio una mancia.

 Anticamente, come festa pagana, era celebrata il 1 agosto. Ma i giorni di riposo (e di festa) erano in effetti molti di più: anche tutto il mese, con il giorno 13, in particolare, dedicato alla dea Diana.

Da festa pagana a festa cattolica. La ricorrenza fu assimilata dalla Chiesa cattolica: intorno al VII secolo, si iniziò a celebrare l’Assunzione di Maria, festività che fu fissata il 15 agosto. Il dogma dell’Assunzione (riconosciuto come tale solo nel 1950) stabilisce che la Vergine Maria sia stata assunta, cioè accolta, in cielo sia con l’anima che con il corpo.

Tuesday, August 25, 2015


A quando risale il primo mappamondo? Colombo l’ha incontrato?

La più antica sfera terrestre fu costruita, tra il 1491 e il 1493, dal navigatore e geografo di Norimberga Martin Behaim. La eseguì su commissione del consiglio municipale della città tedesca, che tuttora la custodisce nel suo museo nazionale. Si tratta di un mappamondo piuttosto dettagliato per l'epoca, graduate sia in latitudine sia in longitudine e abbellito dalle miniature del pittore tedesco Georg Albrecht Glockenthon. La coincidenza temporale con la scoperta dell'America ha fatto sì che venisse a lungo studiato in relazione alle premesse concettuali dell'impresa colombiana. Quel che è certo è che, al pari di Cristoforo Colombo, Behaim era convinto della possibilità di raggiungere le coste orientali dell'Asia navigando verso occidente, attraverso l'Atlantico.  

Alla corte del re. In quegli anni Behaim visse a Lisbona e, nel 1485, venne insignito della nomina di Cavaliere dal sovrano Giovanni II del Portogallo. Fu anche membro della giunta matematica del re, la stessa che bocciò la proposta di Colombo, il quale si rivolse poi a Isabella di Spagna. Ma vi è incertezza sul periodo esatto in cui Behaim ne fece parte. Insomma, e probabile che i due si siano conosciuti, ma mancano le prove.