Wednesday, December 16, 2020

Panettone o Pandoro?

 La Sfida di Natale: Panettone o Pandoro?

Pandoro o Panettone: una sfida che dura da secoli e che si ripresenta ad ogni Natale.

È meglio il panettone o il pandoro? Qual è il dolce natalizio preferito dagli italiani?

In Italia si sa, il cibo è sacro e il mangiare bene è una religione. Così, anche nel periodo natalizio, sulle tavole italiane non mancano mai prelibatezze delle tradizioni regionali, ma ci si divide sulla scelta del dolce tradizionale: meglio il panettone o il pandoro? Una domanda apparentemente semplice ma che vede gli italiani divisi in due fazioni, quella amante del panettone, ricco di uvetta e canditi, simbolo di abbondanza e felicità; e quella che preferisce il pandoro, semplice ma ricco in burro e uova, con la sua inconfondibile forma a stella.


La storia del pandoro e del panettone

L’origine del panettone, il dolce di Milano per eccellenza, è molto antica, e risale addirittura al 1400. Si narra infatti che un cuoco in servizio alla corte di Ludovico il Moro avesse per errore bruciato il dolce da servire a fine banchetto, e, rimasto senza, abbia servito un dolce di un garzone, Toni, preparato con ciò che era rimasto in cucina: farina, uova, burro, uvetta e scorzette di cedro. Il dolce fu apprezzato tantissimo e venne chiamato con il nome del suo inventore, “il pan del Toni”, da cui il nome odierno panettone. Un’altra leggenda vede il panettone protagonista di una storia d’amore tra Ughetto, nobile falconiere del duca, e Adalgisa, figlia di un umile fornaio, Toni, in precarie condizioni economiche. Ughetto si propose di aiutare il padre della sua amata e preparò un pane dolce arricchito con uvetta e frutta secca; questo pane riscosse tanto successo che risollevò le sorti del fornaio e permise ai due innamorati di coronare il loro sogno d’amore. 

Verità o leggenda, il panettone rappresenta il più classico dei dolci natalizi, dal sapore unico e dal profumo inconfondibile. Vero è che non a tutti piacciono i canditi al suo interno, cosicché oggi molte aziende dolciarie propongono le varianti solo con uvetta, oppure con golose farciture al cioccolato o alla crema in vari gusti. Esiste inoltre una variante classica, il panettone di Verona, che prevede la glassatura con mandorle sulla superficie.

Il Pandoro di Verona: il dolce dei nobili

Sembra che il Pandoro fosse conosciuto già nell’antica Roma, attenendosi a quanto raccontava già Plinio il Vecchio (I sec. d.C.), parlando di un panis fatto con farina, burro e olio. Altri fanno risalire il pandoro al Rinascimento, quando nelle corti dei nobili veneziani si usava ricoprire i cibi con sottili foglie di oro, da cui, perciò, il nome “pan de oro”. L’antenato del pandoro era il “nadalin”, un dolce molto semplice preparato dai veronesi; e infatti Verona è la città natale di questo dolce dalla tipica forma a cono a stella, ricco di burro e avvolto da una cascata di delicato zucchero a velo. Il pandoro è sicuramente preferito dai bambini per il suo gusto semplice, e viene spesso utilizzato per la preparazione di altri dolci, con farciture al cioccolato, alla frutta, con il gelato e come meglio suggeriscono fantasia e golosità.


Panettone e Pandoro: le caratteristiche dei due dolci natalizi

  • la forma, il panettone ha forma di cono rotondo, il pandoro con sezione a stella;
  • la crosta, presente nel panettone e non nel pandoro;
  • l’impasto, il panettone contiene uvetta e scorze di agrumi canditi, il pandoro invece aromi di vaniglia o vanillina e si cosparge di zucchero a velo.

…E voi quale preferite?

È veramente difficile scegliere tra i due contendenti al trono della tavola natalizia. Da un lato il  panettone, alto, morbido, profumato e ricco di uvetta e canditi come pietre preziose di una nobile trama; dall’altro il pandoro, soffice, profumato, quasi un assaggio di Paradiso ad ogni morso.

E che dire poi del Panforte di Siena che molti mangiano solo durante le feste natalizie? Il Panforte di Siena IGP è un dolce della tradizione senese a base di frutta secca e candita, miele, noci e spezie, che può presentarsi nella versione bianca, ricoperto di zucchero a velo, o in quella nera, con copertura di spezie. La storia del Panforte di Siena IGP risale al periodo medioevale.


Saturday, October 31, 2020

Il Costo dello Smog in Italia: Roma, Milano e Torino tra le piu' alte

 Il Costo dello Smog in Italia

Lo smog impone costi sociali importanti all’Italia. In termini di ricoveri ospedalieri, impatto sulla salute e sul benessere, ma anche di ridotta aspettativa di vita. A sostenerlo è lo studio “Costi sanitari dell’inquinamento atmosferico nelle città europee, connesso con sistema dei trasporti”, presentato da CE Delf (società di consulenza). Nel documento Roma, Milano e Torino figurano tra le prime 25 città europee per costi sociali da inquinamento atmosferico.

Oltre 430 le città europee coinvolte, per un totale di 30 Paesi: 27 nazioni UE, a cui si aggiungono Gran Bretagna, Svizzera e Norvegia. Stando ai dati contenuti nel report, per ogni cittadino l’Italia paga costi sociali pari a 1400 euro (il totale corrisponde al 5% del PIL). Un record in Europa, che generalmente paga un costo vicino ai 1250 euro.

Smog, i numeri del report

Il progetto è stato curato a livello europeo dalla ONG “Alleanza europea per la salute pubblica”, mentre per l’Italia ha collaborato Legambiente. Roma, Milano e Torino sono nella Top25 in termini di costi assoluti derivati dai livelli di smog. Sul fronte costi pro capite legati all’inquinamento atmosferico l’Italia piazza ben cinque città tra le prime 10: Milano (2a), Padova (3a), Venezia (6a), Brescia (7a) e Torino (9a). Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia:

Secondo i risultati dello studio, Milano ha perso poco meno di tre miliardi e mezzo di euro in un anno in welfare e costi sociali, superata soltanto da Roma. L’inquinamento continua a sprofondare i bilanci già gravemente compromessi delle nostre città. Milano è seconda in Europa dopo Bucarest per costo pro capite, con oltre 2800 €/anno, una cifra sottratta al benessere e alla capacità di spesa dei cittadini.

Gli scienziati indicano chiaramente la responsabilità dei trasporti nell’emissione dei diversi inquinanti presi in esame.

Inquinamento atmosferico ed emergenza Covid-19

I dati fanno riferimento all’anno 2018. Più elevati sarebbero i costi prendendo in considerazione le difficoltà legate all’emergenza Covid-19. La crisi sanitaria aumenta il divario tra redditi medio-alti e redditi bassi per quanto riguarda le possibilità di mitigare gli effetti dello smog. Ha concluso Andrea Poggio, responsabile mobilità Legambiente:

Il costo dell’inquinamento, aggravato quest’anno dalla pandemia Covid19, è particolarmente pesante per i redditi più bassi: l’inquinamento, come il Covid colpisce tutti, ma chi è più povero fatica a mitigarne gli effetti ed accedere alle cure.

Blocco traffico Milano: con lo smog elevato, cresce l’obbligo dello smartworking

Torna l’autunno e potrebbe presto tornare anche il blocco traffico a Milano. A distanza di mesi dal lockdown le concentrazioni di smog sono di nuovo alte in tutta Italia e non fa eccezione la metropoli milanese. A questo proposito la Regione Lombardia ha varato un nuovo piano di azione in caso di innalzamento dei livelli di inquinamento atmosferico.

Le nuove disposizioni sono arrivate al termine del “Tavolo Aria”, svolto mercoledì 16 settembre in videoconferenza. Hanno partecipato i rappresentanti della Regione, delle Province e dei Comuni lombardi. Ha dichiarato l’assessore all’Ambiente e al Clima della Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo:

Saranno aggiornate le misure temporanee al verificarsi di episodi di accumulo degli inquinanti. L’emergenza COVID-19 ci ha imposto riflessioni anche sulla sostenibilità ambientale e ci ha condotto a valutare l’inserimento dello smartworking come misura di limitazione temporanea.

Blocco traffico Milano, misure temporanee in caso di smog

Le misure temporanee scatteranno in caso di sforamento continuativo dei 50 microgrammi di PM10 per metro cubo fissati come limite giornaliero. A seconda del numero di giorni di superamento di tali soglie verranno adottate misure via via più restrittive:

  • Misure di 1 livello – Entreranno in vigore dopo 4 giorni di sforamento e fermeranno tutti i veicoli diesel Euro 4, sia privati che commerciali.
  • Misure di 2 livello – Qualora si raggiungano i 10 giorni di sforamento potrebbe essere possibile fermare tutte le vetture Euro 5. Verrà potenziato lo smartworking.

Blocco permanente dei veicoli diesel Euro 4

Rinviato il blocco permanente relativo alla circolazione dei veicoli diesel Euro 4. Originariamente previsto per il 1 ottobre 2020, lo stop scatterà il 1 gennaio 2021.

 

Adattato da articoli di Claudio Schirru, dal sito Greenstyle

Saturday, October 3, 2020

La Cittadinanza Italiana in Vendita

Caso Suarez: come si compra la cittadinanza italiana

La bufera sull'esame-farsa del calciatore uruguaiano non si ferma. Secondo gli inquirenti, tutta la commissione era d'accordo: Suarez non poteva essere bocciato

“Non ‘dovrebbe’, ‘deve’. Passerà, perché con 10 milioni a stagione di stipendio non glieli puoi far saltare perché non ha il B1”.

Così si apre una serie di intercettazioni che mettono in imbarazzo, sotto l’occhio dei giudici, l’Università per Stranieri di Perugia. Nell’ateneo del capoluogo umbro, tra i tanti studenti iscritti regolarmente ai corsi, c’era infatti anche Luis Suarez, stella del Barcellona costretto a prendere la cittadinanza italiana per un possibile passaggio alla Juventus.

Il motivo per il quale Suarez avrebbe dovuto ottenere il passaporto del nostro paese per poter giocare nella Vecchia Signora è presto detto: in Italia le squadre di serie A possono tesserare al massimo due giocatori extracomunitari e la Juventus ha già riempito le caselle con Arthur e McKennie. Per diventare bianconero, l’uruguaiano aveva dunque bisogno della nostra cittadinanza.

Le strade per diventare cittadino italiano sono diverse: Suarez avrebbe utilizzato quella del matrimonio. L’attaccante è infatti sposato dal 2009 con Sofia Balbi ed è quindi titolato a chiedere il riconoscimento della cittadinanza.

Sul suo cammino, però, è incappato Matteo Salvini, o almeno un decreto voluto da lui. Il 4 ottobre 2018, viene approvata una modifica fortemente promossa dall’allora vice Presidente del Consiglio in materia di cittadinanza e immigrazione. L’emendamento introduce nella legge sulla cittadinanza l’articolo 9.1, per il quale la cittadinanza italiana per matrimonio e per residenza è subordinata al possesso da parte dell’interessato di una conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello B1.

In sostanza, Salvini dice “per essere italiano, almeno un po’ di italiano lo devi sapere”.

Matteo Salvini

Così Suarez si iscrive all’Università per Stranieri di Perugia. Con un corso intensivo e un esame che certifichi la sua preparazione, ottenere la cittadinanza non sarà un problema. Un problema, invece, c’è. Arrivato al giorno dell’esame, per stessa ammissione della professoressa Spina, Suarez “non spiccica una parola di italiano”.

Ma la Juve “ha fretta”, si continua a leggere nelle intercettazioni, ha bisogno dell’uruguaiano in rosa. Una soluzione va trovata ed è lì che entra in gioco la disonestà.

Dall’inchiesta iniziano piano piano a trapelare i dettagli. Ad ascoltare l’esame di Suarez non ci sono soltanto i docenti, ma anche gli inquirenti, che seguono da remoto. Le intercettazioni non lasciano spazio a dubbi e smascherano la farsa.

“Comunque, allora, tornando seri – dice un interlocutore all’indagata Spina – hai una grande responsabilità perché se lo bocciate ci fanno gli attentati terroristici”. E Spina ribatte “Ma te pare che lo bocciamo! Oggi ho chiamato Lorenzo Rocca che gli ha fatto la simulazione dell’esame e abbiamo praticamente concordato quello che gli farà l’esame! Oggi c’ho l’ultima lezione e me la devo preparare perché non spiccica ‘na parola”.

Suarez esce dall’aula con il diploma in mano. Maglietta bianca, zainetto e occhiali da sole, si rifugia immediatamente in un taxi senza lasciare alcuna dichiarazione. Comprensibile, in fin dei conti. Per uno che “non coniuga i verbi, parla all’infinito”, l’ipotesi di lasciarsi intervistare e cadere vittima di qualche domanda formulata in italiano avrebbe fatto crollare tutta l’impalcatura così minuziosamente costruita.

Suarez esce con diploma in mano
Suarez con il diploma in mano

Alla scoperta dei fatti, insorgono gli altri studenti dell’ateneo. Quelli normali, quelli attorno ai quali non circola un clamoroso ciclone mediatico. “Ci dissociamo ancora una volta – scrivono in una nota – dalla condotta della nostra università, che dopo tutti questi mesi di mancato ascolto nei nostri confronti, e dopo le questioni mai del tutto chiarite emerse lo scorso anno, si pone nuovamente in una situazione di imbarazzo nel tentativo di farsi pubblicità con un calciatore di fama internazionale”.

La procura continua a indagare e, senza dubbio, le responsabilità individuali verranno accertate. Nel frattempo, la truffa non ha nemmeno avuto un fine. Suarez si è allontanato dalla Juventus e proprio oggi ha firmato con l’Atletico Madrid. Di tutta la storia, resta solo un’imbarazzante sottomissione di alcuni dei membri dell’Università per Stranieri di Perugia nei confronti del denaro e della fama. Se Suarez fosse stato trattato bene, forse altri calciatori sarebbero andati in Umbria per sostenere l’esame. Più calciatori arrivano e più la popolarità aumenta. Non importa quale sia l’effettivo livello di insegnamento. L’importante è la notorietà.

D’altronde, parliamo di un uomo da 10 milioni l’anno. Che sarà mai qualche errore di grammatica?


 Scritto da Nicola Corradi, per la Voce di New York

Vent’anni e parmigiano d’origine, attualmente vivo a Roma, dove studio Scienze Politiche all’università LUISS Guido Carli. Appassionato di scrittura fin da quando ne ho memoria, i miei interessi ricadono per la maggiore su politica e attualità. A Parma scrivo sulla Gazzetta, a Roma sono responsabile della sezione di politica interna del giornale universitario e ho l'incarico di addetto stampa presso il CUSI.

Monday, August 31, 2020

Curiosità

Alcune curiosità

Nella Repubblica di Venezia i detenuti che, invece di scontare la pena in prigione, erano condannati a remare sulle navi, prima dell'imbarco dovevano allenarsi su una piccola galea all'ancora nel bacino di San Marco, dove venivano esaminati da un'apposita commissione che ne valutava la resistenza e 1'efficienza come rematori. Lo sforzo fisico richiesto era infatti enorme, tanto che un anno di pena ai remi valeva quanto due anni di detenzione in carcere.



Tempo fa l'università di Innsbruck ha esaminato il DNA di 3,700 donatori di sangue tirolesi: una particolare mutazione genetica ha permesso d'identificare diciannove di essi come imparentati con Otzi, 1'uomo preistorico rinvenuto mummificato nel 1991 sulle Alpi tra Italia e Austria.



Nel corso della sua lunga vita, l’attore Mickey Rooney (1920-2014) si sposò 8 volte.  In occasione del suo terzo matrimonio dichiarò: “Se non riesco a far durare questo c’è qualcosa di sbagliato in me”.  Al quarto disse: “Questa volta è per sempre.  Siamo davvero innamorati”.  Al quinto: “La conclusione perfetta di un viaggio imperfetto”. Al sesto: “Non è affatto importante quante volte una persona si sposa…  Marge è mia moglie e sono convinto che è quella buona”.  Al settimo: “Per la prima volta sono veramente me stesso”.  E in occasione delle ottave nozze: “Alla fine ho trovato quella giusta!”  L’ultima sposa da parte sua commentò candidamente: “Le sue mogli precedenti non lo capivano…”

Gia nel secolo IX le popolazioni vichinghe che vivevano in Norvegia e in Islanda disponevano di appositi impianti per essiccare il merluzzo, rendendolo un cibo a lunga conservazione che consumavano durante i loro viaggi per mare; le eccedenze erano invece vendute sui mercati europei.

Nel settembre del 2016, alle primarie del partito Repubblicano che si svolsero nello Stato di New York, fu presentato un candidato già deceduto. Bill Nojay, scelto per correre alle successive elezioni all'Assemblea Generale dello Stato, era morto pochi giorni prima del voto, ma il partito decise di fare come se nulla fosse, per assicurarsi il diritto di selezionare un nuovo candidato in caso di vittoria. Questo calcolo strategico, da molti giudicato cinico, si rivelò efficace, perché il defunto Nojay «vinse».

Nel 1930, in Italia si contava un'automobile ogni 142 abitanti, un dato relativamente basso, specie se confrontato con quello di altre Nazioni: in quella stessa epoca, infatti, circolava un'auto ogni 94 abitanti in Germania, ogni 28 in Francia e in Inghilterra, e ogni 4,6 negli Stati Uniti.

Tempo fa, la Polizia di Pinson (Alabama) si e trovata a ingaggiare un singolare inseguimento al rallentatore. Uno sprovveduto ladro di nome Randy Dewayne Vert aveva rubato un camion dotato di cambio manuale, sistema con cui aveva poca dimestichezza (negli Stati Uniti il cambio automatico sui veicoli e molto più comune che da noi). All'arrivo della pattuglia, Vert ha premuto a fondo il pedale dell'acceleratore, ma non sapendo che occorreva cambiar marcia, e rimasto sempre in prima: il camion ha così continuato a procedere a soli 40-48 km orari, agevolmente tallonato dagli agenti, 

La celebre Bibbia stampata da Johann Gutenberg intorno alla meta del '400 conteneva 1.286 pagine e oltre due milioni di lettere. Quando concluse la tiratura, il tipografo tedesco si ritrovo con più di centomila fogli impilati nella propria bottega.

Breve comunicato pubblicato alcuni anni fa sul Times di Londra, dagli effetti involontariamente comici: «In seguito a circostanze impreviste (sic!), la Società dei veggenti extra-illuminati è costretta a rinviare la riunione mensile a data da stabilirsi».

Nella Parigi degli Anni '20, la celebre modella Alice Ernestine Prin, meglio conosciuta come Kiki di Montparnasse, posò per dozzine di artisti, fra i quali Maurice Utrillo: questi per tre giorni fece finta di ritrarla, priva di abiti, senza mai permetterle di accostarsi alla tela, Alia fine la giovane scoprì sorpresa che il pittore stava in realtà lavorando a un paesaggio.

Un tempo le notizie si divulgavano con grande lentezza: a Londra, per esempio, si venne a sapere dell'assassinio del presidente Lincoln, avvenuto nel 1865, solo dodici giorni dopo il fatto; e un secolo prima, nel 1760, la notizia della scomparsa di Giorgio II, re di Gran Bretagna, aveva impiegato la bellezza di sei settimane per raggiungere la sponda opposta dell'Atlantico.

       - Dal popolare rivista "Settimana Enigmistica"

Saturday, July 11, 2020

Strana estata italiana


Strana estate italiana

Con meno opzioni, dove vanno gli italiani in vacanza nell'era Covid-19?

Quando la pandemia è arrivata, i confini hanno cominciato a chiudersi in tutto il mondo. Adesso si riaprono lentamente, ma anche arbitrariamente, in un modo che sembra meno determinato dalla severità del contagio e più dalla politica, dall’economia e, per alcuni paese, dal bisogno di turisti. Durante la pandemia il discorso è diventato non dove andiamo, ma dove possiamo andare!  C’è una differenza tra scegliere di non viaggiare e sapere che non possiamo viaggiare.

In Liguria ci si bacia tantissimo, almeno a ponente. Sulla guancia, bocca, nei vicoli, in spiaggia. Che se in città indossare la mascherina è diventato motivo di strazio, emblema di martirio, tra i lidi bastano nove minuti di afa all’ombra del baracchino della Gianna per desistere definitivamente dal piantarsela in faccia. C’è anche chi osa ancora presentarsi stringendoti la mano, forma preistorica di cortesia che a Milano è stata rinnegata da almeno quattro mesi, in Lombardia ci si saluta come nella scena dell’addio alla stazione in Frankenstein Junior, gomito a gomito. Ma è bello per questo, abbiamo recuperato un po’ di leggerezza, che per alcuni sarà certo negligenza, nonostante ci sia il gel disinfettante su tutti i tavolini. Ed è per una simile serie di motivi (anche), che quest’anno abbiamo deciso di rimanere in Italia, in Liguria, in Toscana, Puglia, Sardegna, Sicilia e Campania, tra le mete più vagheggiate e scelte dagli italiani per questo 2020.

Stando a quanto emerge da una ricerca di Quorum/YouTrend per Wonderful Italy infatti, il 50 per cento delle persone è sicura di partire (se non è già partita), e un altro 25 per cento ci sta pensando: destinazione preferita, nove volte su dieci, l’Italia – il decimo opterà probabilmente per la Grecia o le Baleari, non ci sposteremo più in là. Ci muoveremo in auto, verso la seconda casa al mare o in direzione di quella affittata appositamente per trascorrerci le ferie in famiglia e con gli amici – o da soli, a lavorare da remoto. Immaginandoci, come lo stiamo facendo da tempo, a guidare tra le cale e i dammusi di una Pantelleria battuta dallo scirocco, o in una grande casa in cui poter trovare rifugio leggendo, prendendo il sole, tuffandosi in piscina e vagando spesso nudi per le stanze come in un film di Guadagnino. «La ricerca conferma quanto stiamo verificando nella realtà in queste settimane, c’è una grandissima richiesta da parte di famiglie italiane di case in affitto», aveva spiegato Michele Ridolfo, Ceo di Wonderful Italy, e c’è chi ha scritto e detto che quest’estate sarà simile a quelle degli anni ’80 e ’90, con noi, gli italiani, tutti in Italia: a imboscarci su qualche spiaggia della Sardegna, fare come i villeggianti di Ferie d’agosto e passare le ore a scambiarci opinioni politiche davanti a una cedrata a Ventotene, al confine tra il Lazio e la Campania.
Costa smeralda
Ci siamo già chiesti cosa faremo e dove andremo – «Andremo al mare quest’estate», ce lo aveva assicurato ad aprile anche il sottosegretario al ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Lorenza Bonaccorsi – e nel giro di qualche settimana sono iniziate ad affiorare su Instagram le stories in diretta da qualche masseria pugliese, “Orgogliosa di essere italiana”, “Estate Italiana”, si legge sotto ai post pubblicati da Ostuni, Rimini e Viareggio, come se, per una questione di necessità, sul tema vacanze avessimo riscoperto un nuovo umanesimo, una “nuova Italia” che in realtà esiste da sempre, con una sorta di patriottismo  forzato dagli eventi, anche per quelli tra noi che da sempre si considerano più esterofili. Un’estate fa ce ne andavamo tutti in Tailandia, oggi fatichiamo a reperire un monolocale in affitto a Vernazza.

A proposito di questa tendenza, del riconsiderare il proprio Paese per virtù e necessità, l’Atlantic ha scritto che l’estate 2020, sia in relazione all’argomento vacanze sia a livello geopolitico, potrebbe avere un forte impatto sul nostro essere così tanto cosmopoliti come lo siamo stati fino ad ora. Nonostante che dal primo luglio l’Unione Europea ha riaperto le frontiere esterne, «non ci sposteremo. L’Europa è stata il cuore di questa bellissima convinzione di un “mondo senza confini” […] Ma il cosmopolitismo, viaggiare, è diventato profondamente confuso nell’era del Covid-19, e ora che i Paesi stanno riaprendo quasi arbitrariamente, in modi che sembrano determinati più dalla necessità di riavviare il turismo che dai tassi di infezione, non ci resta che rimanere dove siamo, spostarci di poco». Spaesati.

Un’estate italiana, anni ’80, di sorpassi in macchina nelle mattine torride, lunghe tavolate nei cortili, anche il Guardian consiglia la Val di Vara, «ideale per ottime passeggiate all’aria aperta», e poi andare al mare con prudenza – nelle spiagge non organizzate la sorveglianza è difficile, essendo spazi di libero accesso (ma anche nelle spiagge private è complicato, in Liguria dopo la terza fila di ombrelloni sei in Piemonte) ma potremmo considerare positivamente alcune delle misure di distanziamento adottate tra i lidi, tra divisori in plexiglass, prenotazioni online, qualche sacco di tela sulla sabbia: saremo più distanti. Alcune cose non cambieranno mai, i vecchietti igienisti a fare i bagni all’alba e ginnastica (ma quest’anno da soli) sulla riva, Chiara Ferragni a Portofino, altre si sono esacerbate, come quelli che li vedi, che si sentono montanari ma amano il mare e la spiaggia è per loro da sempre un luogo in cui sono cresciuti in un bipolarismo che li ha formati, sono gli unici che restano sotto l’ombrellone con la mascherina, cappello, maglietta, ripudiano qualsiasi scambio interpersonale.

La verità è che molto probabilmente, la stragrande maggioranza di noi rimarrà in Italia, ma nel luogo in cui vive, evitando di spostarsi del tutto.

Adattato da un articolo di Corinne Corci in RivistaStudio

Sunday, March 8, 2020

Una femminista di 7 secoli fa?

Marzo è il “Mese della storia femminile,” e vi invitiamo ad approfondire la storia di una donna straordinaria del Medioevo. 
Per vedere un video di Alessandro Barbero su Cristina de Pizan:


Christine de Pizan, nata Cristina da Pizzano, è stata una poetessa, scrittrice, editrice e filosofa. È riconosciuta come la prima scrittrice di professione in Europa e la prima storica laica di Francia. Nelle sue opere liriche e narrative trae spunto dalla propria esperienza di vita, e non dalla tradizione religiosa o mitologica, tipica del tempo.

Cristina nasce a Venezia nel 1365, figlia di Tommaso da Pizzano. Il padre era originario di Bologna, dove si era laureato in medicina all'Università e aveva poi praticato anche l'astrologia. Si trasferisce a Venezia dove la sua attività di astrologo gli aveva procurato un'ottima reputazione, tanto da ricevere l’invito dal re di Francia Carlo V a lavorare nella sua corte. Si trasferisce quindi in Francia nel 1369 con la moglie e i figli Cristina, Paolo e Aghinolfo.

Christine cresce nell’ambiente di corte stimolante e intellettualmente vivace di Carlo V. Contro il parere di sua moglie, più tradizionalista, il padre Tommaso le impartisce un'educazione letteraria approfondita, assai rara per una donna dell'epoca. Christine componeva poesie e ballate molto apprezzate a corte.


Cristina dipinta in uno dei suoi libri

A 15 anni, nel 1379, sposa Étienne de Castel, notaio e segretario del re, con cui ha tre figli. Un matrimonio sereno e felice, che Christine rimpiangerà spesso nei suoi scritti: il marito infatti muore per una epidemia nel 1390. Ma come racconta lo storico Alessandro Barbero, “Cristina legge, anzi appena rimasta vedova una delle cose che scopre e che attenua un po’ il dolore di essere rimasta sola è che ha un po’ più di tempo per sé. Ricomincia a leggere, … e come molti altri che leggono tanto, le viene anche voglia di scrivere.”

Scrive moltissimo, aiutata da una facilità di scrittura e ad un certo punto il duca di Borgogna le dà l’incarico di scrivere una biografia nel 1404 del re Carlo V. Cristina comincia a intervistare chi ha conosciuto il re e scrive il libro dei fatti e detti memorabili del re Carlo V. Dice Barbero “è la prima donna della storia ad aver scritto un libro di storia. E continua a scrivere: scrive su commissione, e le committenze cominciano a fioccare. Rapidamente la sua fama travalca le Alpi, arriva anche il Italia il suo paese nativo.”

Ricordiamoci che in quei anni non c’è ancora la stampa. Un libro viene scritto a mano e presentato a un mecenate o qualcuno che lo desidera. Poi se c’è voglia, lo si fa copiare. Cristina ha una vera e propria azienda, con copisti professionali e artisti che abbellivano ogni sua opera.

Cristina scrive su molti argomenti, anche di politica. Nel 1405 scrive il Livre de la Cité des Dames (la Città delle Dame), probabilmente l'opera più famosa di Christine de Pizan. È scritta in risposta ai libri di Giovanni Boccaccio (De mulieribus claris, Sulle donne famose), Jean de Meung (autore del Roman de la Rose, testo del XIII secolo che dipingeva le donne solo come seduttrici), nonché di altri testi avversi alla condizione femminile, intrisa secondo loro solo di dubbio, malinconia e intemperanza. De Pizan ne rimane sgradevolmente colpita e ne fa una questione da discutere a corte.


Pizan presenta invece una società utopica e allegorica in cui la parola dama indica una donna non di sangue nobile, ma di spirito nobile. Nella città fortificata e costruita secondo le indicazioni di Ragione, Rettitudine e Giustizia, De Pizan racchiude un elevato numero di sante, eroine, poetesse, scienziate, regine ecc. che offrono un esempio dell'enorme, creativo e indispensabile potenziale che le donne possono offrire alla società.

Nel 1418, all'età di 53 anni, Christine de Pizan si ritira in un convento. Dopo undici anni di silenzio scrive il suo ultimo libro su Giovanna d’Arco, vedendo in lei la salvezza della Francia. La storia le sta dando ragione: “il sesso femminile vale quanto quello maschile, se non di più.” Purtroppo muore a sessantacinque anni, prima della devastante conclusione della vicenda di Giovanna d’Arco.

Friday, February 7, 2020

Ripasso d’italiano utile

Anche se sei italiano o hai studiato la lingua italiana per diversi anni è bene rivedere il modo corretto di scrivere alcune parole.  Non essendo esposto al linguaggio quotidiano della lingua italiana anch’io posso sbagliare qualche parola e essere preso da dubbi.

Ripasso utile!


Approfondendo, con l’aiuto dell’enciclopedia Treccani:

È CORRETTO: “TUTTO APPOSTO” O “TUTTO A POSTO”?

Se vogliamo intendere “tutto in ordine”, dobbiamo scrivere tutto a posto. Apposto è la forma del participio passato del verbo apporre.


PROPRIO O PROPIO?

La forma corretta è proprio (dal latino proprium ‘personale’)
Frank, sei proprio sicuro che non ti vuoi fermare? (G. Faletti, Io uccido)
Sconsigliabile è la variante popolare propio (derivata dalla stessa base latina), sebbene anticamente fosse comune anche nella lingua scritta
s’io vedessi la propia persona (G. Boccaccio, Decameron).

QUAL È O QUAL’È?

La grafia corretta nell’italiano contemporaneo è qual è, senza apostrofo.
La grafia qual’è, anche se molto diffusa, è scorretta, perché non si tratta di un caso di elisione ma di troncamento, dal momento che qual esiste come forma autonoma.
La grafia qual’è con l’apostrofo è presente nella letteratura del passato, anche recente
Qual’è il piacere che volete da me? (C. Collodi, Le avventure di Pinocchio)
Do un’occhiata alla casa e capisco qual’è la camera (F. Tozzi, Ricordi di un impiegato).

DUBBI
Naturalmente anche qual era si scrive senza apostrofo.
Invece qual’erano si scrive con l’apostrofo, perché viene da quali erano, con elisione di quali.


Friday, January 24, 2020

La Nuova Vita dei Fari d’Italia


Il faro sull'isola Ventotene, nel Lazio
Una rapida lezione di storia ci dice che i primi fari italiani per le imbarcazioni erano costituiti da cumuli di erica e ginestra accesi all'interno delle torri di guardia. Questa combinazione efficace ma un po’ casuale lasciò il posto, nel corso del 1300, a vere e proprie lampade di segnalazione che bruciavano olio d'oliva. È interessante notare che l'olio d'oliva sia stato utilizzato come combustibile nei fari italiani fino alla fine del XIX secolo. Uno dei più famosi - e ancora in funzione - è il Capo di Faro di Genova, costruito nel 1326, che si dice sia stato gestito ad un certo punto da Antonio, zio di Cristoforo Colombo. 

Le circa 5.000 miglia di costa italiana sono sede di centinaia di fari, la maggior parte dei quali antichi. Ben 500 illuminano ancora pazientemente un passaggio sicuro attraverso acque precarie, molti altri sono stati abbandonati al tempo....e senza finanziamenti. Insieme all'elevato numero di fari che punteggiano la costa italiana, ci sono infatti i costi di manutenzione e restauro.

Proprio come le famose promozioni "Comprare una casa per un euro" in numerosi villaggi italiani, come mezzo per proteggere e preservare il patrimonio culturale, l'Agenzia del Demanio ha avviato un programma simile per il restauro dei fari, denominato Valore Paese Faro - il Progetto di restauro dei fari. Basato sul successo di programmi simili in paesi come la Spagna, il Canada e gli Stati Uniti, la missione del progetto è "....il recupero e il riutilizzo dei fari e degli edifici costieri a fini turistici, culturali e sociali, in linea con i principi di sostenibilità legati alla cultura del mare". E, senza dubbio, all'auspicato ingresso di moneta turistica. 


L'avvio del programma nel 2016 è stato siglato con la commissione per l'affitto di 20 fari di proprietà statale dislocati in tutta Italia. Insieme al restauro, l'obiettivo del programma è quello di ridurre il debito pubblico scaricandolo su investitori privati, oltre a favorire il turismo nelle aree rurali. Una volta ottenuta la locazione, tuttavia, inizia l'investimento reale. 

Il faro di Capo Zafferano

Il nuovo proprietario deve avere esperienza nel settore turistico, oltre a presentare un piano fattibile per la ristrutturazione del faro per utilizzarlo come attrazione comunitaria e turistica. Pensate a B&B, location per matrimoni, caffè sul mare, e così via dentro un faro. Una commissione viene poi assegnata per un massimo di 50 anni, insieme all'accordo del locatario a mantenere l'integrità storica del faro durante tutta la sua ristrutturazione, oltre a prevedere procedure e pratiche sostenibili ed ecologicamente valide. Naturalmente, all'investitore sono garantiti alcuni dei migliori immobili sul lungomare italiano, panorami degni di un libro illustrato e la promessa di alti profitti. Con un impegno medio di locazione di 55.000 dollari all'anno e l’attrattività dei crediti d'imposta annuali, è un investimento allettante sia per gli investitori privati che per quelli aziendali.
Il raggio d'azione si è esteso ad altre strutture costiere come antiche torri, fortificazioni, ville e altri edifici di importanza storica che sono sotto la gestione delle Regioni e dei Comuni italiani.

In palio ci sono: il Forte di Castagneto Carducci, situato su una spiaggia Bandiera Blu della Toscana e in attesa di prendere vita come il miglior nuovo B&B sulla spiaggia della città. Preferite qualcosa di più tranquillo? Potrete averlo sull'Isola d'Elba, dove il bianco faro di Punta Polveraia si affaccia sull’azzurro mare ligure, pronto per rinascere come rifugio mozzafiato. Questi progetti non sono facili, ma con una visione d'acciaio, pazienza monumentale e un buon sostegno finanziario, un finale da favola è sicuramente realistico.

Il faro sull'isola di Pantelleria
La Sardegna è la patria di uno di questi esempi: l'Hotel Faro Capo Spartivento. Costruito nel 1854 per ordine del re Emanuele II di Savoia, il faro e gli edifici circostanti, arroccati su una scoscesa scogliera sarda, furono abbandonati nei primi anni ‘80. Un progetto di restauro durato otto anni ha riportato in vita l'antica struttura navale reale, ottenendo anche gli elogi della Marina Militare Italiana, in quanto primo esempio di restauro architettonico militare. 

Il restauro del Faro Capo Spartivento è stato realizzato nel pieno rispetto della conservazione della sua forma originale, con materiali di provenienza locale e pratiche sostenibili. L'energia viene prodotta attraverso pannelli solari, mentre l'acqua di mare desalinizzata copre la necessità di irrigazione del terreno e altri scopi utilitaristici. Il concetto include, oltre alle eleganti camere d'albergo, impieghi comunitari come pacchetti per matrimoni, ritiri creativi, esperienze di team building e accesso aperto ai servizi fotografici. Dalle immagini di questo rifugio solitario, non è difficile immaginare il tempo passato a disintossicarsi tra i canti dei gabbiani e il ronzio della brezza marina sotto il cielo sardo!  

Il faro Vieste in Puglia
Fari di luce: questi grandi vecchi fari hanno tutti l'opportunità di brillare di nuovo grazie al Progetto di Ristrutturazione dei fari italiani. Il guadagno economico è un pezzo del puzzle, ma la cosa più importante è che queste strutture hanno la possibilità di rimanere una parte vitale del paesaggio italiano, una testimonianza visibile delle comunità marinare che hanno servito, e un legame culturale che sarebbe deplorevole vedere scivolare via. 


Lo dice bene l'autore Steve Berry: "Uno sforzo concentrato per preservare il nostro patrimonio è un legame vitale con il nostro patrimonio culturale, educativo, estetico, motivazionale ed economico - con tutte le cose che ci rendono letteralmente ciò che siamo".

Adattato da un articolo dell'Italo Americano