Saturday, July 31, 2021

Gli italiani che scolpirono l’America

Il trasferimento di conoscenza, e competenze, il flusso della civiltà, è una caratteristica delle società aperte. La storia degli artisti italiani negli Stati Uniti comincia presto, con l’immensa ammirazione per il Palladio che porta la nuova classe dirigente americana a costruire la capitale federale, Washington, e molti edifici importanti nelle capitali degli Stati federati, nello stile neoclassico. Per questo il nuovo paese apre subito le porte a ritrattisti e scultori italiani.

Villa Rotonda del Palladio

Prima vengono i "tagliapietre". Sono operai che fanno gli scalpellini, diventano disegnatori, aiutano gli architetti. Sono tanti i cognomi italiani che si trovano a Barre, in Vermont, dove, a partire dalla fine dell'Ottocento, scultori toscani, emiliani e veneti portarono la propria arte e la insegnarono trasformando le città americane con il granito. L'affermazione degli italiani emigrati sta nei segreti della lavorazione della pietra che essi portarono con sé.

Frontone del Senato a Washington

Quando i fratelli Piccirilli arrivarono dall’Italia a New York nel 1888, portarono con loro un’abilità, un’arte ed una passione per lo scolpire la pietra, senza eguali negli Stati Uniti. Trasformarono enormi lastre di marmo in alcune delle più significative icone nazionali, incluso il frontone del Senato del Capitol Building e la statua di Abramo Lincoln che si trova nel Lincoln Memorial nel National Mall.

Tra i monumenti americani non ne esiste uno che ispiri più patriottismo del Monte Rushmore, la montagna in South Dakota sulla cui facciata sono rappresentati i quattro presidenti più importanti della storia degli USA. Eppure, in questa immensa opera batte un cuore italiano, perché fu proprio un nostro connazionale a giocare un ruolo fondamentale nei lavori di realizzazione del celebre complesso scultoreo. Il suo nome era Luigi Del Bianco, scultore friulano che si era stabilito in America nel 1908, ad appena diciassette anni. Nei panni di capo-esecutore del progetto svolse un ruolo determinante nella progettazione e nella definizione dei volti delle quattro figure, occupandosi personalmente di scolpire l’occhio sinistro di Lincoln e i lineamenti del volto di Thomas Jefferson.

Luigi Del Bianco durante i lavori di realizzazione del complesso scultoreo del Mount Rushmore National Memorial.

Per quanto prestigioso, non deve lasciare per nulla stupiti il fatto che Del Bianco riuscì a coprire un incarico così di rilievo: basta dare un’occhiata alla sua storia e alla sua determinazione. Nato a Le Havre ma originario di Meduno, in provincia di Pordenone, era poco più che adolescente quando si trasferì a Port Chester, a New York, verso il punto d’arrivo di un mestiere che già amava. D’altronde di viaggi ne aveva fatti parecchi, e sempre al fine di perseguire la via della scultura, prima a Vienna e poi a Venezia come apprendista scalpellino.

Nel 1921 entrò nel team di lavoro guidato da Gutzon Borglum, vale a dire lo scultore al quale poco più di dieci anni dopo verrà affidata la realizzazione del complesso del Monte Rushmore. Borglum avea 25 anni in più di Del Bianco ed era una vera celebrità del settore. Fu lui a dire a Del Bianco che valeva “quanto tre uomini che si possono trovare qui in America”. La sua stima per lo scultore italiano era tale che la scelta di incaricare lui dell’arduo compito di delineare le espressioni dei volti dei presidenti non sorprese nessuno. Dopo aver comunicato la sua decisione disse: “non avrei affidato a nessun altro questa mansione”.

Un simbolo entrato nell’immaginario collettivo anche grazie al cinema dato che sono innumerevoli i film in cui lo abbiamo visto, da Intrigo internazionale (1959) di Alfred Hitchcock a The Truman Show (1998) di Peter Weir.

Mount Rushmore National Memorial, nel Sud Dakota.

 I lavori sul Monte Rushmore iniziarono nel 1927, ma Del Bianco e Borglum vi presero parte solo dal 1933. Portarono a termine il progetto nel 1941 delineando i volti di George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e Abraham Lincoln. L’enorme difficoltà stava nell’avere una visione di insieme di un’opera così vasta, e soprattutto – come Del Bianco stesso ricordò parlando del particolare degli occhi di Lincoln – nel far sembrare i tratti del volto precisi e armonici anche a chilometri di distanza. Complessità che lo spinse a imparare a memoria “ogni linea e cresta, ogni piccolo urto e tutti i dettagli della sua testa”.

E che dire del risultato finale se non che è una perfetta parabola dell’esistenza di Del Bianco? Dopo anni e anni di impegno, la scultura si erge imponente e fiera nei suoi 20 metri d’altezza, ponendosi come uno dei più apprezzati simboli dei primi 150 anni della storia americana. Ricorda proprio la vita dello scultore di origini friulane: una sfida immensa ma decisamente vinta.

       Adattato parzialmente da un articolo nel Youmanist