Strana estate italiana
Con meno opzioni, dove vanno gli italiani in vacanza nell'era Covid-19?
Quando la pandemia è arrivata, i confini hanno cominciato
a chiudersi in tutto il mondo. Adesso si riaprono lentamente, ma anche
arbitrariamente, in un modo che sembra meno determinato dalla severità del contagio
e più dalla politica, dall’economia e, per alcuni paese, dal bisogno di
turisti. Durante la pandemia il discorso è diventato non dove andiamo, ma dove
possiamo andare! C’è una differenza tra
scegliere di non viaggiare e sapere che non possiamo viaggiare.
In Liguria ci si bacia tantissimo,
almeno a ponente. Sulla guancia, bocca, nei vicoli, in spiaggia. Che se in
città indossare la mascherina è diventato motivo di strazio, emblema di
martirio, tra i lidi bastano nove minuti di afa all’ombra del baracchino della
Gianna per desistere definitivamente dal piantarsela in faccia. C’è anche chi
osa ancora presentarsi stringendoti la mano, forma preistorica di cortesia che
a Milano è stata rinnegata da almeno quattro mesi, in Lombardia ci si saluta
come nella scena dell’addio alla stazione in Frankenstein Junior, gomito
a gomito. Ma è bello per questo, abbiamo recuperato un po’ di leggerezza, che
per alcuni sarà certo negligenza, nonostante ci sia il gel disinfettante su
tutti i tavolini. Ed è per una simile serie di motivi (anche), che quest’anno
abbiamo deciso di rimanere in Italia, in Liguria, in Toscana, Puglia, Sardegna,
Sicilia e Campania, tra le mete più vagheggiate e scelte dagli italiani per
questo 2020.
Stando a quanto emerge da una ricerca
di Quorum/YouTrend per Wonderful Italy infatti, il 50 per cento delle persone è
sicura di partire (se non è già partita), e un altro 25 per cento ci sta
pensando: destinazione preferita, nove volte su dieci, l’Italia – il decimo
opterà probabilmente per la Grecia o le Baleari, non ci sposteremo più in là.
Ci muoveremo in auto, verso la seconda casa al mare o in direzione di quella
affittata appositamente per trascorrerci le ferie in famiglia e con gli amici –
o da soli, a lavorare da remoto. Immaginandoci, come lo stiamo facendo da
tempo, a guidare tra le cale e i dammusi di una Pantelleria battuta dallo
scirocco, o in una grande casa in cui poter trovare rifugio leggendo, prendendo
il sole, tuffandosi in piscina e vagando spesso nudi per le stanze come in un
film di Guadagnino. «La ricerca conferma quanto stiamo verificando nella realtà
in queste settimane, c’è una grandissima richiesta da parte di famiglie
italiane di case in affitto», aveva spiegato Michele Ridolfo, Ceo di Wonderful
Italy, e c’è chi ha scritto e detto che quest’estate sarà simile a quelle degli
anni ’80 e ’90, con noi, gli italiani, tutti in Italia: a imboscarci su qualche
spiaggia della Sardegna, fare come i villeggianti di Ferie d’agosto e
passare le ore a scambiarci opinioni politiche davanti a una cedrata a
Ventotene, al confine tra il Lazio e la Campania.
Costa smeralda |
Ci siamo già chiesti cosa faremo e dove
andremo – «Andremo al mare quest’estate», ce lo aveva assicurato ad aprile
anche il sottosegretario al ministero dei Beni e delle attività culturali e del
turismo, Lorenza Bonaccorsi – e nel giro di qualche settimana sono iniziate ad
affiorare su Instagram le stories in diretta da qualche masseria pugliese,
“Orgogliosa di essere italiana”, “Estate Italiana”, si legge sotto ai post
pubblicati da Ostuni, Rimini e Viareggio, come se, per una questione di
necessità, sul tema vacanze avessimo riscoperto un nuovo umanesimo, una “nuova
Italia” che in realtà esiste da sempre, con una sorta di patriottismo
forzato dagli eventi, anche per quelli tra noi che da sempre si considerano più
esterofili. Un’estate fa ce ne andavamo tutti in Tailandia, oggi fatichiamo a
reperire un monolocale in affitto a Vernazza.
A proposito di questa tendenza, del
riconsiderare il proprio Paese per virtù e necessità, l’Atlantic ha
scritto che l’estate 2020, sia in relazione all’argomento vacanze sia a livello
geopolitico, potrebbe avere un forte impatto sul nostro essere così tanto
cosmopoliti come lo siamo stati fino ad ora. Nonostante che dal primo luglio
l’Unione Europea ha riaperto le frontiere esterne, «non ci sposteremo. L’Europa
è stata il cuore di questa bellissima convinzione di un “mondo senza confini”
[…] Ma il cosmopolitismo, viaggiare, è diventato profondamente confuso nell’era
del Covid-19, e ora che i Paesi stanno riaprendo quasi arbitrariamente, in modi
che sembrano determinati più dalla necessità di riavviare il turismo che dai
tassi di infezione, non ci resta che rimanere dove siamo, spostarci di poco».
Spaesati.
Un’estate italiana, anni ’80, di
sorpassi in macchina nelle mattine torride, lunghe tavolate nei cortili, anche
il Guardian consiglia la Val di Vara, «ideale per ottime passeggiate
all’aria aperta», e poi andare al mare con prudenza – nelle spiagge non
organizzate la sorveglianza è difficile, essendo spazi di libero accesso (ma
anche nelle spiagge private è complicato, in Liguria dopo la terza fila di
ombrelloni sei in Piemonte) ma potremmo considerare positivamente alcune delle
misure di distanziamento adottate tra i lidi, tra divisori in plexiglass,
prenotazioni online, qualche sacco di tela sulla sabbia: saremo più distanti.
Alcune cose non cambieranno mai, i vecchietti igienisti a fare i bagni all’alba
e ginnastica (ma quest’anno da soli) sulla riva, Chiara Ferragni a Portofino,
altre si sono esacerbate, come quelli che li vedi, che si sentono montanari ma
amano il mare e la spiaggia è per loro da sempre un luogo in cui sono cresciuti
in un bipolarismo che li ha formati, sono gli unici che restano sotto l’ombrellone
con la mascherina, cappello, maglietta, ripudiano qualsiasi scambio
interpersonale.
La verità è che molto probabilmente, la
stragrande maggioranza di noi rimarrà in Italia, ma nel luogo in cui vive,
evitando di spostarsi del tutto.
Adattato da un articolo di Corinne Corci in RivistaStudio
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