Tuesday, December 19, 2017

Capodanno a Roma

Tra Passato e Presente

   di Carlo Mignani



Due ragazzi camminano sul marciapiede, si fermano vicino all’angolo di una strada, si guardano intorno furtivamente, uno di loro tira fuori qualche cosa dalla tasca e poco dopo si sentono delle esplosioni, mentre i passanti neppure ci fanno caso.   Soltanto un uomo anziano, forse colto di sorpresa, inveisce.  Mi riesce difficile trattenere un sorriso.  Alcune cose non cambiano mai: quel ragazzo avrei potuto essere io alcuni anni fa.

Sono fermo ad un semaforo aggrappato al sedile posteriore di una Vespa, a Roma, la sera del 31 dicembre, diretto con amici verso il centro per celebrare l’anno nuovo.  Questa sera l’atmosfera della vigilia può essere accomunata a quella del 4 luglio americano o a quella da casinò.  Centinaia di migliaia di persone partecipano direttamente alle celebrazioni, che molti stranieri si lasciano sfuggire quando si limitano a visitare i musei e le chiese. 


Crescendo a Roma

Da giovane quello che mi piaceva di più delle feste erano i botti e più forti erano meglio era! A Roma si cominciano a sentire i bum dei petardi non regolamentari dalla metà di dicembre fino al 6 gennaio, il giorno dell’Epifania, quando i bambini in passato ricevevano i regali.

Per un quindicenne è difficile poter resistere alla tentazione di far detonare una “bomba”, fare qualche cosa di pericoloso, illegale, ma avallato dalla tradizione.   Mentre accendi la miccia raggiungi il massimo della concentrazione, niente ti distrae.  Ora devi gettarla via subito altrimenti ti esplode in mano.  Dopo che ne hai accese 10-15, l’adrenalina ti pompa nelle vene e le mani cominciano a tremarti quasi impercettibilmente.   Non riesci a controllare il tremore, ma nello stesso tempo non ti puoi fermare.  Quando abiti nel tipico appartamento di una grande città, in un palazzo di 7 o 8 piani, e esci sul balcone la notte della vigilia, i diversi tipi di bombe, petardi e razzi vengono da tutte le direzioni.  È una cacofonia, un crescendo, uno spettacolo visivo e uditivo poco apprezzato dagli animali domestici che timorosi si nascondono.

Torno nella mia città natale generalmente per le vacanze estive, ma questa volta ho deciso diversamente.  Sto andando con Nicola, un vecchio amico del quartiere dove sono nato, su una Vespa Granturismo 250, mentre alcuni amici ci seguono in macchina.  Il nostro piano è di andare sul colle del Gianicolo per celebrare l’anno nuovo all’aperto, incontrare altri amici in un locale a Testaccio e infine andare a giocare a carte per il resto della notte 



La vigilia tradizionale

La tipica famiglia italiana si siede a tavola per il cenone di capodanno intorno alle 9 di sera.  Sparecchiata la tavola si comincia a giocare a soldi con le carte italiane con giochi come Mercante in Fiera, Sette e Mezzo e anche Tombola (bingo) ecc., mentre i ragazzi esplodono le bombe e i petardi.  In un’atmosfera gioiosa tutti partecipano e si divertono, parenti e amici, giovani e vecchi, e persino la nonna scommette, ma ogni tanto sonnecchia.  Vorrebbe andare a letto, ma ha deciso di rimanere in piedi fino a mezzanotte, del resto le sarebbe impossibile dormire.  Verso mezzanotte e mezza, dopo il brindisi, i bambini e gli anziani a letto, i giovani per conto loro, è ora di giocare a carte sul serio per gran parte della notte, spesso fino alla mattina giocando a Bestia, Poker, Banco ecc.   


Bestia è simile al gioco tradizionale della Briscola e richiede una certa capacità, mentre per vincere al Banco devi essere fortunato.  Le carte italiane vanno da 1 a 10.  Se esce un 5 o una carta inferiore paghi quello che hai scommesso, mentre se esce un sei o una carta più alta, vinci.  Ho visto uscire di fila fino a otto carte basse e questo vuol dire che, raddoppiando ogni volta, la cifra finale sarebbe potuta arrivare fino a 128 volte la posta iniziale in pochi minuti.  


Gli anni più maturi

Più recentemente il comune ha organizzato attività, sparse in zone strategiche della città, consistenti in fuochi artificiali e concerti di musica leggera.  Con il tempo bello abbiamo passato piacevoli capodanni all’aperto, insieme a parenti e amici sui colli del Gianicolo e del Pincio, semplicemente passeggiando e godendo lo spettacolo che la città offre.  Cosi’ facciamo questa sera.  Ci incontriamo con i nostri amici sulla piazza del belvedere del Gianicolo.  Da qui tutti insieme, armati come per andare a un picnic, con champagne nel frigo portatile, bicchieri, biscotti e l’immancabile panettone, ci avventuriamo nella confortevole notte romana insieme a migliaia di altre persone.

Visto dall’alto di una collina lo spettacolo cambia.  La luce dei fuochi artificiali si unisce alle esplosioni delle bombe e dei petardi, ma quello che stupisce di più è il suono.  Le migliaia di esplosioni quasi simultanee e assordanti a livello stradale, osservate a distanza si trasformano in un boato continuo simile a quello prodotto da tuoni in lontananza.  Nel centro della piazza del belvedere si erige il monumento equestre a Garibaldi, l’unificatore militare della nazione italiana.  Nel 1849, proprio su questa collina, migliaia di patrioti giovani e idealisti guidati da Garibaldi, hanno anche provato il pungente odore della polvere da sparo.  Erano venuti da tutta l’Italia per difendere la Repubblica Romana, formata appena 5 mesi prima, dall’assalto delle truppe regolari francesi che volevano insediare di nuovo il Papa.  Furono sconfitti e molti uccisi o fatti prigionieri.  Ora le esplosioni e il caratteristico odore esprimono un evento felice.  Buon anno, auguri, alla salute!  Dopo il brindisi, gli abbracci e i baci nella semioscurità alcuni decidono di tornare a casa mentre il resto di noi si dirige verso il trendy quartiere Testaccio.   


Tra anfore e centauri 

Abbiamo l’appuntamento al “Coyote,” una discoteca molto frequentata scavata nel “Monte dei Cocci” che risale al tempo dell’antica Roma.  La collina, alta circa 35 metri e con una circonferenza di circa 800 metri, è stata formata durante i secoli dalla continua accumulazione dei frammenti delle anfore di terracotta usate per il trasporto di derrate alimentari liquide come vino, olio, salse di pesce, conserve di frutta, miele, ecc. Gran parte del quartiere era anticamente un enorme deposito rifornito in continuazione dalle navi che dal porto di Ostia, risalendo il fiume Tevere, attraccavano alla sua sponda.  Da Ponte Sublicio si possono vedere i resti antichi incastrati nella sponda del Tevere.  Oggi diversi ristoranti, discoteche e locali notturni si sono scavati un posto ai piedi di questa collina.  L’intero quartiere la notte è diventato una grossa area d’intrattenimento, dove durante il week-end e dopo le nove di sera, le macchine non possono entrare. Ci incontriamo con i nostri amici, ascoltiamo la musica, balliamo per un po’ e dalla terrazza della discoteca assistiamo a una spettacolare vista della città.

La città di Roma per tradizione permette alla gente, la notte del 31 dicembre, di tirare piatti, vasi e vari articoli di terracotta e porcellana ecc. nelle strade.  Normalmente ti farebbero una multa e ti inviterebbero ad andare da uno psicologo ma per questa notte è consentito.  Dipende dal quartiere, ma può accadere che durante un party anche un w.c. o un lavandino (tenuto in casa per l’occasione dopo un rimodernamento) vengano gettati dalla finestra.  Specialmente se ti sei inimicato un vicino, stasera ti conviene parcheggiare lontano dalle abitazioni.  Per molti anni è stato un rito periodico, comunale e catartico ora quasi scomparso.  Come mai?  In parte naturalmente a causa della plastica, ma soprattutto perché i romani non vogliono danneggiare le loro beneamate e onnipresenti automobili.

 I motociclisti, chiamati “centauri” dalla figura mitologica mezzo uomo e mezzo cavallo, s’infilano tra le macchine e anche se arrivano per ultimi a un semaforo, generalmente riescono a partire per primi quando scatta il verde.  Da giovane anch’io andavo in giro con la mia Vespa e anche se stasera come passeggero mi sento piuttosto nervoso, non sono riuscito a resistere alla tentazione di fare un veloce giro per la città.  In pochi minuti raggiungiamo il 
Lungotevere poi tagliamo verso il Belvedere del Pincio, sotto c’è Piazza del Popolo, un altro posto strategico per i fuochi artificiali e la musica.  Sullo sfondo, nel cielo terso, emerge quello che i romani chiamano “er cupolone” la grande cupola di San Pietro tutta illuminata.  Piazza di Spagna pullula ancora di persone e poi passiamo vicino al Colosseo, un altro posto strategico dove la gente si è radunata per le celebrazioni.  Il traffico è intenso, ma rinfrescati dall’aria notturna raggiungiamo rapidamente la casa dei nostri amici pronti a giocare a carte fino alla mattina.  Giochiamo a Bestia, Poker e Banco e miracolosamente riesco ad uscirne perdendo pochi soldi. Verso le 8 di mattina ci fermiamo, andiamo al bar all’angolo per colazione e poi me ne vado a casa stanco morto, consapevole che i miei amici dopo un pisolino di 2 o 3 ore ricominceranno a giocare fino a sera.

Ritorno alla normalità

L’incomparabile cultura italiana permette per un breve periodo e in moderazione di fare quasi tutto.  Per 2 o 3 settimane all’anno possiamo fare esplodere bombe, petardi e razzi non regolamentari, giocare d’azzardo, tirare quello che vogliamo dalle finestre senza preoccuparci delle leggi, sentirci in colpa o temere di essere criticati.  Infatti, è tradizione!  Come per magia dopo il 6 gennaio si ritorna alla normalità: basta con le esplosioni, il gioco d’azzardo e il comportamento facinoroso.  Ogni volta che abbiamo cercato di giocare a soldi al di là di queste tre settimane, non ci siamo mai riusciti: ognuno ha da fare.  Il gioco d’azzardo e i botti per i romani sono associati alle stagioni, alle tradizioni, alla famiglia, alle feste, e alla stanchezza, raramente, come del resto l’alcool, costituiscono una dipendenza.  Ma il prossimo anno a metà dicembre, come la luna attira la marea, la città sarà pronta e la frenesia ricomincerà da capo. 

Friday, December 15, 2017

Rinascita del Rinascimento fiorentino

Nell’Italia di oggi, sulle orme di allora procedono i nuovi artigiani con il loro estro artistico

I consumi culturali sono un’eredità del Rinascimento che ancora oggi permea i nostri modi di pensare e interagire.



Gli artigiani digitali del XXI secolo ci riportano alle personalità a tutto tondo e influenti del Rinascimento fiorentino. Filippo Brunelleschi è il nome di spicco, la cui famosa cupola del Duomo di Firenze è il risultato della fusione tra arte, scienza e design. Nell’Italia di oggi, sulle orme di allora procedono i nuovi artigiani il cui estro artistico nel disegnare e produrre occhiali, lampade e tanti altri manufatti del Made in Italy trova nelle stampanti a 3D lo strumento che coniuga l’intensità tecnologica con la bellezza estetica. A Trento, una piccola provincia del Nord Est d’Italia, con forti aspirazioni e impegni per l’innovazione, l’artigiano tecnologico Ignazio Pomini contribuisce alla creazione di brand nell’occhialeria (.bijouets) e nell’illuminazione (.exnovo). Come nel tempo delle botteghe rinascimentali, nel laboratorio di Pomini la contaminazione di abilità e saperi diversi trasforma una piuma in una lampada che è un vero e proprio oggetto artistico.
Contemporanea di Leonardo, è Isabella d’Este (1474-1539) – considerata la “prima Signora del Rinascimento”, marchesa di Mantova e patrona delle arti – la figura ideale della ‘consumatrice culturale’ che scende personalmente nelle piazze di mercato. Qui alla gente comune si aggiunge un nuovo ceto di clienti diretti, i patrizi, i quali non sono più o non solo rappresentati da loro intermediari. Isabella fa anche di più, promuovendo un nuovo canale di shopping, quello via posta, antesignano dell’e-commerce.


I consumi culturali sono un’eredità storica del Rinascimento che ancora oggi permea i nostri modi di pensare, comunicare e interagire, in presenza di nuove alternative nella produzione e nel consumo di beni e servizi che si presentano così spesso quanto rapidamente mutano. Isabella d’Este fu portatrice di idee le cui forme d’espressione sono fonti inesauribili d’ispirazioni. Questo è il caso della generazione rinascimentale dei giorni nostri, composta da milioni di individui di età le più diverse accomunate dalla passione per l’imprenditorialità associata alla tecnologia e alla cultura: un’intersezione che ispira confidenza e incoraggiamento per propositi imprenditoriali. Tutt’altro che l’ansietà e le minacce che si è pensato che la cultura dovesse affrontare sul campo dell’imprenditorialità al sopraggiungere dell’età della riproduzione digitale dei contenuti culturali.

Volendo auto-realizzarsi, l’odierna generazione rinascimentale cerca di mettere in moto processi d’ideazione per costruire una società migliore, mostrando nello stesso tempo il volto del produttore di idee che vale la pena condividere e del consumatore culturale. Si deve a loro la nascita di mercati creativi che sono comunità sociali di collaborazione e condivisione nei più svariati campi culturali, supportate da piattaforme tecnologiche. Creatori indipendenti formano comunità digitali che nei mercati online vendono direttamente ai clienti le loro creazioni, frutto di collaborazioni reciproche. “Creative Market”, fondata nel 2012 a San Francisco da Aaron Epstein, Chris Williams, e Darius A. Monsef IV, ha messo insieme circa 9 mila creatori indipendenti. Sarà lo spirito d’indipendenza, vitale e compartecipato, dell’emergente generazione rinascimentale a tracciare i sentieri dell’imprenditorialità negli anni a venire?

Per approfondimenti, il lettore può fare riferimento a Piero Formica, Entrepreneurial Renaissance. Cities Striving Towards an Era of Rebirth and Revival, Springer, 2017

        Da La Voce Di New York, October 2017

Saturday, December 2, 2017

Un'ottima torta

Le feste si avvicinano e il desiderio di dolci si fa sentire. Ecco una ricetta per una torta deliziosa a base di ricotta e un'altra per i dolcetti di mandorle.



Torta di Ricotta
di Concetta Fiorito
  
VERSIONE ITALIANA
TORTA 3-3-3-3 e 1
3 uova
3 etti di farina
3 etti di zucchero
3 etti di ricotta
1 etto di burro
1 limone (buccia grattugiata e succo)
1 bustina di lievito per dolci (Amazon, or Italian Store)
1 bustina di vaniglina (o un cucchiaino di estratto di Vaniglia)
uvetta passa ammollata nel rum (optional)
2 mele sbucciate e tagliate a fettine (optional)

Battere le uova e lo zucchero, aggiungere la ricotta, il burro fuso, la buccia e il succo del limone, la vaniglia, l’uvetta ed il lievito.  Se è necessario, aggiungere del latte per ottenere un impasto morbido.
Mettere in una teglia per torte o per focacce (con il buco in mezzo) preventivamente preparata con burro e farina.
Stendere le fettine di mele sopra e spargere dello zucchero di canna.
Cuocere al forno a 320 F per 30 minuti poi controllare. Cuocere ancora per altri 20 minuti o più se necessario. La torta è cotta quando infilando uno stecchino nella pasta, lo stecchino esce pulito.

Buon appetito


Ricotta Cake 
La ricetta in inglese con delle misure americani.
Ingredients

3 eggs
1 cup and ¼ granulated sugar
1 ½ cups all purpose flour
1 stick of butter
1 small tub of ricotta cheese (you can use low fat)
Juice and rind of one lemon
1 tablespoon of baking powder
1 teaspoon vanilla extract
¼ cup of raisins previously soaked in rum (optional)
2 small apples peeled and cut in slices (optional)

Heat the oven at 320 F
Beat the eggs with sugar very well, add the flour, then the softened butter and the ricotta. Now add the baking powder and the lemon. Fold in the raisins.
The dough should be thick and creamy. If needed, you can add some milk.

Grease and flour a 9” cake spring pan or Bundt cake pan prepared with butter and flour and pour in the dough. Lay the slices of apples over the cake and sprinkle with brown sugar.  This is optional. Cook in the oven for about 30 minutes, then check the cake and leave for 20 more minutes, or longer - if necessary. The cake is done when you insert a toothpick and it comes out dry.

You can replace the raisins with small pieces of apple, or with chocolate chips.


                               Dolcetti di mandorle – Betsy Mignani

 
Faccio questi dolcetti per ricordare i sapori della Sicilia!

150 gr. di farina di mandorle (io uso “almond meal” da Trader Joe)
100 gr. Zucchero
1 albume
1-2 gocce di estratto di mandorla
Scorza grattugiata di mezzo limone o mezza arancia (opzionale)
Mandorle per decorare (o altra frutta secca, nocciole, ecc.)
Zucchero a velo per spolverarle

Questa quantità di ingredienti farà circa 12 -15 dolcetti piccoli.
Preparare un impasto con la farina di mandorle, zucchero, estratto di mandorla e l’albume. (Aggiungere la scorza se l’avete).
Questo impasto sarà molto appiccicoso, quindi prendere un pezzettino di forse 2 cm e rotolarlo nelle mani per fare una pallina.   Coprire con un po’ di zucchero a velo e schiacciarle un po’ e poi, volendo, aggiungere una mandorla sopra come decorazione.

Metterle su una teglia ricoperta con carta da forno, e cuocere a 350 gradi F per circa 10 minuti.

Tuesday, October 31, 2017

Italians Have Perfected the Art of Waiting It Out

Italy’s economy has been in the doldrums for years, but Rome is just fine with kicking the can down the road 

Rome this past summer could easily be confused with the capital of an aspiring failed state. A drought exacerbated by crumbling infrastructure led to threats of daily 8-hour water shut-offs. The aqueducts, historically the pride of Rome, leaked some 40 percent of their flow. Trash piled high in the parks and grass went uncut as the city grappled with public works corruption scandals. Over the course of the summer, police discovered at least two clandestine hazardous-waste-disposal plants, although the news coverage curiously focused on how the hidden facilities evaded their electric bills. The upside, for some, is that the city’s buses have become free for fare dodgers, because there aren’t enough ticket checkers. And in a symbolic touch, the parched, overgrown Roman landscape became tinder for fires that sent clouds of smoke over the already stifling city. Rome was burning.

Evidence of decline abounds in the rest of the country, too. Up in Florence, the Uffizi Gallery closed temporarily when the museum’s air conditioning failed. Down in Sicily, desperate migrants streamed ashore. Perhaps most important, a robust business recovery from Italy’s decade-old financial crisis seems out of reach. Just this month, the world’s biggest hedge fund firm, Ray Dalio’s Bridgewater Associates, disclosed it’s wagered more than $1.1 billion that shares of some of Italy’s top companies will fall, including the two biggest banks and Enel SpA, the nation’s largest utility.

But will any of this spur angry Italians, clamoring for change, to embrace a
radical movement to Make Italy Great Again? Don’t count on it. This country is more complicated. Italy has certain social and financial advantages—it’s playing a long game. And having avoided a Greek-style meltdown or a rash decision like Brexit, Italians might just be onto something.

They’ve already had their dalliance with a legally challenged, billionaire Putin pal in the person of former Prime Minister Silvio Berlusconi. These days, many Italians are just pleased that Donald Trump has eclipsed Berlusconi as the butt of jokes and controversy. They’ve also tried a populist party. The Five Star Movement, founded by a comedian, swiftly gained influence in recent years. The Five Star is now part of the establishment. Guess which party runs Rome City Hall, perched on a hilltop piazza designed by Michelangelo with sweeping views of the wildfires? Yep.

The Italian electorate has shown itself resistant to change. In a December referendum, it voted down constitutional reform aimed at breaking the political logjams in Rome that have long hindered any swift or deep policy changes. By rejecting the referendum, Italians also ended the term of Italian Prime Minister Matteo Renzi, halting his reform agenda to cut taxes and make it easier for businesses to hire and fire. Why? Italians are engaged in an epic game of “kick the can.” Drawing on an intimate knowledge of their own history, they see an upside to letting problems sort themselves out, piano piano—slowly. It’s even part of the national curriculum. By age 11, almost all Italian schoolchildren learn the story of Quintus Fabius Maximus Verrucosus, the Roman general who 2,200 years ago slowly ground down Hannibal by avoiding direct battle. He was nicknamed the Cunctator—“the delayer.”
The epithet was a compliment. Today the Cunctator is embodied up and down the boot, in decisions small and large that err on the side of inaction. On trial for a crime? Hire a lawyer skilled at stretching out the process through endlessly rescheduled hearings and lengthy appeals. The statute of limitations will eventually run out. It looks bad, but it works. (Just ask Berlusconi.)

Take what’s happened with migrants who arrive by sea. Officially, all arrivals in the European Union are fingerprinted for a database. In practice, in recent years that step was at times overlooked, and migrants made their way from Italy to other countries without a record of their arrival. That’s crucial, because asylum requests are handled by the country of entry. When an un-fingerprinted migrant arrives in, say, Sweden, it’s as if he’s been teleported directly from Mogadishu to Malmo. The Somali becomes a Swedish problem. Italy has successfully kicked the can northward.

The country’s most crucial can-kicking involves the economy, a habit that dates at least to the 1990s effort to qualify for the euro and a derivative transaction the Economist cheekily dubbed “the greatest trade ever.” Under the deal, Italy received a big upfront payment that made the nation’s accounts look robust, with an agreement to pay it back with interest a few years later. Italy made it into the euro zone, while the nation’s true financial health could be dealt with afterward. The reckoning never came. A decade later the global financial crisis pushed Italy into a double-dip recession that slashed industrial production by more than a quarter. Unemployment hit 12.8 percent at the start of 2014. Italy’s debt
of more than €2 trillion ($2.4 trillion) rose to 132 percent of gross domestic product, compared with 96 percent in France. Italy’s deficit-to-GDP ratio has long exceeded the levels agreed upon for membership in the euro zone.

While Germany pushed for Italian austerity, successive Italian governments sought time to allow the economy to reawaken. “Instead of facing the problem, the competent Italian institutions have preferred to wait for an alleged economic recovery,” says Marcello Minenna, a lecturer at the London Graduate
School of Mathematical Finance. Kicking the can, Italy tried to manage its debt through the use of derivatives with heavy losses.
The waiting game had other costs, Minenna says: a €100 billion tax shortfall,
€300 billion of gross nonperforming loans at the banks, and 40,000 bankrupt businesses.
There’s real misery behind those figures. Italians living in “absolute poverty” almost tripled in the past decade, with 4.7 million people, or 7.9 percent of the population, unable to afford a basic basket of goods and services. On a recent morning, I saw an older man approach the bakery counter at a supermarket in Rome seeking day-old bread. The saleswoman confirmed this was a regular thing, and not for some recipe requiring stale bread. “People are desperate,” she said. Youth unemployment at 35.4 percent has wiped out a generation’s ability to build careers or families. Just 52.1 percent of Italian women age 20 to 64 were employed at the start of this year, the lowest level in the EU after Greece. As a resident of Rome, it’s a culture shock when I visit Munich or New York and see professional women in their 20s and 30s out at pricey bars and restaurants. Milan has some of that, but not Rome.

And yet, no debt-crisis blowup. No Brexit. No Berlusconi 2.0, yet. But how? What the bleak statistics don’t show is Italy has got things Americans only dream of. Health care: free. University: practically free. Wine: well, might as well be free. Quibble if you must over the quality of care, the value of an Italian degree, or the merits of the €3.60 bottle of supermarket wine from last night (better than what you’d get in a New York restaurant for $20). The Bloomberg Global Health Index of 163 countries ranks Italy as the healthiest on Earth, based on variables such as life expectancy and incidence of high blood pressure. You can be sure the guy shopping for stale bread won’t max out his insurance when he gets cancer and that his grandkids don’t have $100,000 in student loans.

Want to know why Italy didn’t have a mortgage bubble like Spain or the U.S.? The money parents save on education and health care often gets spent on a house for their kids. In fact, Italy is solid as a rock as measured by individual borrowing. Italian household debt, at 41.8 percent of GDP, is half the level that’s in the U.S. Per capita, it’s €11,600, less than half the U.K.’s £26,000 ($34,000).

The signs are actually good as the nation prepares for elections in early 2018. Italian stocks are up by almost a third this year in dollar terms, more than double the S&P 500’s Trump bump. And Italy’s latest economic report showed GDP expanded for a 12th straight quarter. It was a feeble 0.3 percent, but it raised hopes the recovery might be real this time. If it isn’t, they can kick a can. Just check any park in Rome.

Excerpted from an article in Bloomberg by Vernon Silver 

 —With Giovanni Salzano 

Monday, July 17, 2017

Lezioni dell’antica Roma per gli ingegneri moderni.


Enormi possibilità per l’uso moderno di un antico materiale.  Il calcestruzzo, il materiale da costruzione inventato e usato per secoli dai romani è più forte oggi di quando è stato originariamente applicato. 

Invece il calcestruzzo moderno esposto all’acqua salina si corrode solo in alcune decine di anni. 

Concrete from ancient Rome for stronger sea walls

Two thousand years ago, Roman builders constructed vast sea walls and harbor piers. The concrete they used outlasted the empire — and still holds lessons for modern engineers, scientists say.

A bunch of half-sunken structures off the Italian coast might sound less impressive than a gladiatorial colosseum. But underwater, the marvel is in the material. The harbor concrete, a mixture of volcanic ash and quicklime, has withstood the sea for two millennia and counting. What's more, it is stronger than when it was first mixed.
The Roman stuff is “an extraordinarily rich material in terms of scientific possibility,” said Philip Brune, a research scientist at DuPont Pioneer who has studied the engineering properties of Roman monuments. “It's the most durable building material in human history, and I say that as an engineer not prone to hyperbole.”

By contrast, modern concrete exposed to saltwater corrodes within decades.
The mystery has been why the ancient material endured. “Archaeologists will say they have the recipe,” said Marie Jackson, an expert in ancient Roman concrete at the University of Utah. (Pliny the Elder once wrote an ode to concrete “that as soon as it comes into contact with the waves of the sea and is submerged becomes a single stone mass, impregnable to the waves.") But it's not the complete picture: It's one thing to assemble the ingredients, another to know how to bake the cake.

 Drilling at a marine structure in Portus Cosanus, Tuscany, in 2003. (J.P. Oleson)

To that end, Jackson and her colleagues peered into the microscopic structures of concrete samples, extracted from the sea walls and piers as part of a project called the Roman Maritime Concrete Study. “This rocklike concrete is behaving, in many ways, like volcanic deposits in submarine environments,” Jackson said.

Where modern concrete is designed to ignore the environment, Roman concrete embraces it. As the scientists report in a study published Monday in the journal American Mineralogist, Roman concrete is filled with tiny growing crystals. The crystals, like tiny armor plates, may keep the concrete from fracturing.

The scientists subjected the concrete samples to a battery of advanced imaging techniques and spectroscopic tests. The tests revealed a rare chemical reaction, with aluminous tobermorite crystals growing out of another mineral called phillipsite. Brune, who was not involved with the study, called the work a “significant accomplishment.” He likened it to the scientists biting into a cake of mysterious flavor and determining that the baker used organically sourced dark chocolate.

In this instance, the key ingredient proved to be seawater. As seawater percolated within the tiny cracks in the Roman concrete, Jackson said, it reacted with the phillipsite naturally found in the volcanic rock and created the tobermorite crystals.
“Aluminous tobermorite is very difficult to produce,” she said, and requires very high temperatures to synthesize small amounts. Cribbing from the ancient Romans might lead to better production of tobermorite, which is prized for its industrial applications, she noted.

The Romans mined a specific type of volcanic ash from a quarry in Italy. Jackson is attempting to recreate this durable concrete using San Francisco seawater and more abundant volcanic rocks. She has several samples sitting in ovens and jars in her lab, which she will test for evidence of similar chemical reactions.

If her effort is successful, the concrete could yet have a role to play in human history — “if one was indeed interested in making sea walls” and “forced to protect shoreline environments,” Jackson said. (In one 2014 study, a team of European climate scientists predicted that, if the next 90 years follow the trend of the past 30, the cost of constructing barriers to hold back the sea might rise to as high as $71 billion per year. The alternative, coastal flooding, could do trillions of dollars in damage annually.)

Modern sea walls require steel reinforcements; a future in which “large relic walls of twisted steel” dot the coast would be “very troubling,” Jackson said. The Romans didn't use steel. Their reactive concrete was strong enough on its own. 
“It's not just a historical curiosity,” Brune said. “It may yet have a part to play.”


By Ben Guarino, Washington Post

Friday, June 9, 2017

Alcuni anni fa durante una vacanza in Italia abbiamo passato una decina di giorni in Sicilia.  Siamo partiti da Roma alle 9 e verso le 14 percorrendo la famigerata Salerno Reggio Calabria, abbiamo raggiunto la punta dello stivale da dove abbiamo preso il ferry per Messina.  Raggiunta l’Isola abbiamo proseguito per Taormina.  Avremmo potuto costeggiare la parte meridionale dell’isola, ma a Betsy piacciono moltissimo i mosaici, ne è quasi ossessionata, quindi ci siamo diretti subito per Piazza Armerina, sito di una villa romana con fantastici mosaici. Poi abbiamo visitato Agrigento, la valle dei Templi, Selinunte, a Trapani abbiamo preso un altro ferry per l’isola di Favignana dell’arcipelago delle Egadi, poi Erice, Palermo, Cefalù, ecc.  Anche se erano i primi di ottobre abbiamo fatto spesso il bagno e mangiato benissimo!

Naturalmente abbiamo scattato molte foto e una in particolare mi era rimasta stranamente impressa: le ragazze in bikini di piazza Armerina.  Come mai ci sono voluti circa 18 secoli per rivedere le ragazze in bikini?  Basta pensare alle nostre nonne o bisnonne come erano vestite quando andavano al mare!!  Erano infagottate come in un una fredda giornata d’inverno!!  

Quest’articolo fa un po’ di luce sul soggetto.

Le ragazze siciliane in bikini

Quando il bikini moderno arrivò sugli scaffali di Parigi, nell’estate del 1946, le donne del Mediterraneo lo agguantarono rapidamente. Un anno più tardi, il più piccolo costume da bagno del mondo fu presentato negli Stati Uniti. Lanciato nel mondo, conquistò America ed Europa. Un legame d’amore femminile che dura da 71 anni. Il bikini non ha mai perso il suo allure.
Comunque, sembra incredibile che il vero inventore del due pezzi non sia il sarto francese Luigi Réard, che ne coniò il nome ispirato dall’atollo di Bikini nel Pacifico Meridionale dove quell'estate gli Stati Uniti condussero due test atomici - Réard scelse quel nome sperando che il costume da bagno minimalista avrebbe suscitato lo stesso choc della bomba atomica…
Abbastanza stranamente, il piccolo costume da bagno era già portato da ragazze romane nel 4° secolo e questo particolare spirito libero di Roma antica, riguardo agli indumenti femminili, è provato da mosaici intriganti in Piazza Armerina, Sicilia.
Piazza Armerina in provincia di Enna è a circa 721 metri sopra di livello del mare in cima a una delle più straordinarie viste della Sicilia. Un eccezionale sito patrimonio mondiale dell’Unesco che si trova a 5 km a sud-ovest della città: Villa Romana del Casale è un esempio supremo di lussuosa villa romana che graficamente illustra la predominante struttura sociale ed economica della sua epoca.
I suoi mosaici d’inizio 4° secolo sono eccezionali per la loro qualità artistica, per inventiva e numero. Un'attrazione per i visitatori di tutto il mondo. Si può scaricare gratuitamente la guida ufficiale su villaromanadelcasale.it.
Alcuni dei mosaici più famosi della villa dipingono il peristilio e una grande caccia. I meravigliosi lavori includono anche le famose “Ragazze in Bikini”, un dipinto di un gruppo di giovani donne che indossano top fasciati, il pezzo di sotto del bikini e anche cavigliere che si sentirebbero perfettamente a casa sulle spiagge della California Meridionale di oggi.
Tuttavia, era ancora la Sicilia antica e le cosiddette Ragazze in Bikini ante litteram, erano ginnaste romane. Portando quella che sembra essere la prima versione del bikini, si stanno esibendo in una gara sportiva e sembrano molto toniche. 
La scena incredibile è nota come “l’Incoronazione del Vincitore." Gli studiosi sono oggi d'accordo sul fatto che la scena dipinga una competizione sportiva, come attestato in quattro fonti; teorie precedenti suggerivano una gara di bellezza. Ovviamente, il patrocinio di gare sportive femminili va associato esclusivamente alla classe sociale più elevata dell'Impero romano.
In questa bella villa siciliana, ragazze in Subligar, come i Latini chiamavano gli slip femminili, partecipano a numerose attività come il salto in lungo con pesi in mano, giocano a pallamano, corrono e lanciano il disco.
Ciò che rimane di questa villa sontuosa mostra la raffinatezza e la civiltà dei nobili nelle epoche romane. Coprendo 4,000 metri quadrati, è stata costruita su una serie di terrazze con tre assi principali che ai visitatori offrono prospettive spettacolari dei pavimenti con mosaici particolareggiati. Scene di caccia, storie mitologiche, vita domestica e paesaggi esotici, tutti mostrano una sorprendente attenzione realistica al dettaglio. Artisti dal Nord Africa furono impiegati per completare i lavori.
Qui nella villa di campagna si poteva intraprendere l'otium, il riposo con l'agio e il piacere dell'inattività e dell'indolenza pura e semplice. Si poteva leggere un libro sugli antichi e dormire o riposare in base all’umore mentre si godeva in grande abbondanza del cibo fresco della Sicilia. Il proprietario era libero dal negotium, da affari pubblici e attività.
La ricerca di otium era un modo di vivere per le classi romane agiate e ha prodotto la classica villa romana. La Villa Romana del Casale è uno dei migliori esempi nel mondo romano antico per la sua bellezza e complessità.
Gli abitanti della Sicilia fornivano il grano per gli antichi Romani. Nel corso dei secoli, la campagna di Piazza Armerina ben rappresentò il granaio della Sicilia, del quale la masseria, una grande fattoria fortificata, è il suo simbolo. C’erano agrumeti e boschetti di ulivo e folti boschi di pino che prestavano all'aria quell’inconfondibile aroma di Mediterraneo.
Il centro di Piazza Armerina è metà medievale e metà barocco. Il suo Duomo del 17° secolo è il più interessante fra gli edifici barocchi. In agosto la vivace festa del Palio dei Normanni attira molti visitatori.
Dalla rivista Italo-Americano, mariella radaelli | May 18, 2017

Friday, May 12, 2017

TAP - i pro e i contro 

LECCE (di Matteo Greco) – La Trans Adriatic Pipeline, meglio conosciuta con l’acronimo TAP, è un progetto volto alla costruzione di un nuovo gasdotto che permetterà, passando da Grecia e Albania, l’afflusso di gas naturale proveniente dall’Azerbaigian e dalla zona del Caucaso attraverso la connessione con il gasdotto trans-caucasico e quello trans-anatolico. L’opera è una delle più complesse catene mai progettate al mondo, non solo per la sua realizzazione pratica, ma anche per il grande dibattito che inevitabilmente è scaturito. Com’è noto, l’approdo del condotto è stato previsto a San Foca, marina di Melendugno, e le opinioni sulla bontà e sulla necessità dell’opera sono innumerevoli e spesso in contraddizione tra loro.


Perché “sì” – Secondo la società promotrice, l’opera porterà non pochi vantaggi al territorio. Tra questi, sul sito ufficiale di TAP AG viene riportato che la sua realizzazione “darà contributo diretto al prodotto interno lordo (PIL) attraverso il gettito fiscale e posti di lavoro in più durante l’esecuzione dei lavori e l’esercizio. TAP offrirà all’Italia nuove opportunità di innalzare la propria competitività, facendovi affluire direttamente un volume iniziale di 10 miliardi di metri cubi di gas l’anno, pari a una quota significativa dei consumi totali del Paese. Il gasdotto si avvale di società italiane di ingegneria altamente specializzate. Una volta entrato a pieno regime, necessiterà di personale su base permanente presso il Terminale di Ricezione a Melendugno per monitorare le operazioni quotidiane locali e il funzionamento dell’intero gasdotto”. Il gasdotto darà uno slancio anche alla Dorsale adriatica di Snam rete e gas, naturale proseguimento dell’iter del gas verso il continente. Inoltre la creazione di un corridoio energetico meridionale che avrà sbocco a Melendugno renderà la Puglia un importantissimo hub energetico per l’Italia e l’intera Ue grazie al quale, a detta di molti, si potrà raggiungere una maggiore indipendenza dal gas russo.

Perché “no” – Queste e altre previsioni di rendita e utilità della grande opera non accontentano assolutamente la popolazione locale che ormai da tempo si oppone alla sua realizzazione. Sul fronte del NO vi sono diverse associazione e circa 40 sindaci del territorio salentino interessato, i quali non vedono nessun reale e sostanziale tornaconto per il Salento e l’Italia in generale. L’infrastruttura, infatti, arriva dal mare, attraversa la falda acquifera, mette a rischio la costa, l’habitat marino e le piantagioni antiche di ulivi (anche millenari) stravolgendo cosi un ambiente che fa da sempre della pesca, del turismo e dell’agricoltura i suoi punti di forza. Inoltre, la Tap è pericolosa e vanno prese precauzioni secondo le normative vigenti: la pesca sarà vietata, i lidi e la fascia di costa circostante il tunnel dovrà essere interdetta e anche la zona del “microtunnel”, più interna, dovrà essere asservita con delle fasce di sicurezza; per non parlare della centrale di depressurizzazione prevista subito fuori il centro abitato di Melendugno, fra vegetazione e masserie, che occuperà ben 12 ettari con ciminiere di circa 10 metri per smaltire i fumi della combustione. Dove passa un gasdotto, tutte le altre attività economiche diventano “secondarie” o collaterali, e secondari e collaterali diventano anche gli abitanti di quelle terre: è questa la preoccupazione di coloro che si oppongono al progetto che rimane ancora con tanti punti da chiarire come ad esempio i veri e propri utilizzatori del gas metano che dovrà arrivare (anche italiani o solo europei?)


Il governo è deciso a non bloccare la realizzazione, visto il parere favorevole al via da parte del Ministero dell’Ambiente che sembra non prevedere nessun forte impatto ambientale dell’opera, ma le amministrazioni locali e i cittadini non vogliono gettare certo la spugna. 

da Leccezionale Salento

Thursday, March 30, 2017

Tradizioni in cucina costruite ad hoc: piatti tipici che non sono tipici


La cucina tradizionale si trasforma e si adatta al Paese di destinazione, molto più velocemente dei migranti che l'hanno portata con loro.

Oltre alla speranza, i migranti di ogni tempo si portano dietro anche le tradizioni culinarie di casa. Sarà la necessità, o la libertà di sperimentare, ma succede che la cucina tipica viene però spesso reinventata, si fonde con la gastronomia locale e genera nuovi piatti - poco comuni o addirittura ignorati in madrepatria, considerati però nel resto del mondo "100% originali".

Salsa Alfredo. Le fettuccine Alfredo furono effettivamente "inventate" in Italia, agli inizi del '900, da un ristoratore romano, Alfredo di Lelio. La ricetta originale prevedeva il condimento con parmigiano e burro... Una deliziosa, ma umile pasta al burro. Fuori dall'Italia, dove questa preparazione è molto popolare, la salsa è arricchita da una dose abbondante di besciamella. Ogni anno il 7 febbraio viene celebrato il Fettuccine Alfredo day.

Chicken tikka masala. Questo piatto apparentemente indiano è nato in seno alla comunità bengalese del Regno Unito, ed è un chiaro esempio di come gli immigrati spesso reinventino le tradizioni culinarie di casa in tutta libertà. Come dimostra il fatto che non esista una ricetta standard del chicken tikka masala: se ne contano più di quaranta versioni (e il Bengala non è abbastanza grande per averle partorite tutte)!

Ad ogni modo, in linea generale la pietanza consiste in tranci di pollo marinati e serviti con una salsa speziata di pomodoro e latte di cocco. Il chicken tikka masala è diventato uno dei piatti più comuni nei menu inglesi, ed è da molti considerato il piatto nazionale britannico.

Chop suey. Una giornalista gastronomica l'ha definito "il migliore scherzo culinario mai realizzato". Il piatto venne inventato dalla comunità cinese della California nel XIX secolo e la sua origine è quasi mitologica. Una delle leggende racconta che un giorno in un ristorante cinese di San Francisco, quando era ormai orario di chiusura, si presentò un gruppo di minatori ubriachi. Il cuoco del locale, per evitare problemi, improvvisò un piatto con avanzi e scarti. I minatori adorarono quello stufato di carne con riso fritto, cavolo e germogli, che è ancora oggi uno dei piatti più popolari della cosiddetta cucina cinese degli Stati Uniti.

Chili con carne. Come altre pietanze comuni nei ristoranti di cucina messicana di tutto il mondo, il chili con carne è semmai un esempio di cucina tex-mex, ossia la fusione dei sapori messicani con la gastronomia degli stati americani al confine col Messico. Il piatto consiste in uno stufato di carne, peperoncino, pomodori e fagioli.

Spaghetti e polpette. Un altro dei piatti tipici della cucina italo-americana che in Italia è pressoché sconosciuto.

Va detto però che esistono due ricette del Sud Italia vagamente simili: la pasta seduta e i maccaroni azzese, due portate di origine pugliese, dai nomi diversi, che condividono in tutto e per tutto ingredienti (pasta, sugo di carne, polpette fritte e sbollite nel ragù, parmigiano grattugiato) e preparazione.

Uramaki. È un tipo di sushi con l'alga nori arrotolata al suo interno. Non è comune in Giappone, anche perché è nato in California negli anni '70. Tra l'altro, quando questo piatto contiene avocado, cetriolo e ingredienti esotici, è più propriamente chiamato California roll: una varietà di sushi inventata appunto a Los Angeles.


Biscotti della fortuna (ancora!). Gli immigrati cinesi della California si dimostrarono particolarmente bravi ad adattare i sapori della propria tavola al palato statunitense, ma anche ad appropriarsi di elementi culturali estranei, come quello dei biscotti della fortuna a fine pasto. Questo dolcetto appartiene infatti alla tradizione giapponese, ma sono stati i ristoranti sino-americani a renderlo popolare in tutto il mondo.

da Focus Italia

Thursday, March 16, 2017

Sunday, February 26, 2017

Ti amo, no… ti voglio bene. Differenze linguistiche e culturali


A differenza dell'inglese, la lingua italiana ha due diverse espressioni per manifestare il sentimento amoroso: "ti amo" e "ti voglio bene" sono utilizzati in modi e contesti diversi, ma ad entrambi sono dedicati numerosi versi poetici, canzoni e libri

La vita è una ciliegia. La morte il suo nòcciolo. L'amore il ciliegio. – Jacques Prévert (da Chanson du mois de mai)
Ary Scheffer, Les ombres de Francesca da Rimini et de Paolo 
Malatesta apparaissent à Dante et à Virgile, 1835

Ti amo VS ti voglio bene
Strano come noi italiani modifichiamo il sentimento dell’amore con le parole, e come la maggior parte di noi non dica ti amo facilmente a un amico o a qualcuno dei nostri cari. Per molti italiani l’amore per definizione è un sentimento intenso tra l’amante e l’amato in un rapporto di passione, perciò, difficilmente si sente l’espressione affettiva ti amo fra maschi, salvo che non sia detto ironicamente (parlo di amicizia o relazioni tra padre e figli, per esempio, e non tra due amanti). Ti amo è un’espressione di forte sentimento e viene usata tra due amanti, due fidanzati, o con chi si ha una relazione sentimentale.

Una conversazione con una mia amica che vive a New York mi ha portata a questa riflessione sulle due espressioni d’amore usate da noi italiani: “ti amo” e “ti voglio bene”. La mia amica affermava che lei “ti amo” lo dice facilmente alla mamma e alle amiche per dimostrare l’affetto che prova per loro. A me non viene facile dire “ti amo” alla mia mamma o altri famigliari, e per esprimere il mio affetto verso di loro uso l’espressione “ti voglio bene”, frase che, al contrario di “ti amo”, non ha connotazioni passionali o d’intimità. Questo non significa che io “ami” la mia mamma meno di chi le dice “ti amo”, ma semplicemente uso parole diverse, mentre i miei figli nati in America mi dicono “I love you”.

Quando si tratta di essere espressivi con le persone che abbiamo a cuore, tutto dipende dalla cultura famigliare in cui siamo cresciuti. Anche se ci sono tanti italiani che dicono “ti amo” facilmente, in alcune regioni d’Italia questa voce raramente è usata con gli amici, i figli, i genitori, i fratelli e le sorelle, e l’affetto che si prova per loro si esprime, invece, con l’espressione “ti voglio bene”, letteralmente “voglio il tuo bene”. In inglese questa differenza non c’è e tutti dicono “I love you”. Ma ci sono anche espressioni come “I care for you/I feel for you” che si traducono bene con “ti voglio bene” e che significano “mi stai a cuore”. Inoltre, c’è l’espressione “I wish you well” letteralmente “ti voglio bene” ma il suo significato è un augurio di buona riuscita per un viaggio o un progetto importante, oppure un saluto di addio per una persona che parte e va via.

Amore, questione di definizione


A parte la famosa frase di Prévert, riportata in apertura di questo articolo, includo anche due definizioni: 1) A-mó-re, un'etimologia falsa ma molto poetica che deriva dal latino a-mors, senza morte. È un affetto intenso, costante, e fortemente radicato per qualcuno di profonda tenerezza, o devozione. 2) Sentimento, affetto che comporta anche attrazione, forte ed esclusiva per una persona, fondata sull’istinto sessuale, che si manifesta come desiderio fisico e piacere dell’unione affettiva. – Garzanti.

Amore e Psiche di Antonio Canova
Malgrado ciò, quando si parla di amore, fraterno, materno, paterno, tra amici o amanti troviamo che questa parola è tra le più usate non solo fra persone, ma anche nei romanzi, nelle poesie, e dai media. Eppure, è difficile dare una definizione universale all’amore ed essere tutti d’accordo, anche se questo sentimento è un’esperienza indispensabile che riempie e caratterizza la vita di ognuno di noi. L’amore è un sentimento d’intenso affetto che ci procura una sensazione di benessere fisico e psicologico. Sentimento espresso da una madre verso il figlio, e viceversa, o l’affetto verso il padre, il proprio fidanzato, il marito o il compagno ma può essere anche un forte sentimento verso un animale, un oggetto o un ideale: l’amore per la patria e per il proprio paese natio, oppure per la musica o l’arte. Perciò l’amore non è solo un sentimento di profondo e intenso affetto romantico e passionale, anzi può essere anche di simpatia, rivolto verso qualcosa o qualcuno, quindi, si può dire che si ama una cosa o qualcuno per dire che piace moltissimo. Anche se, quando si parla d’amore, e di cosa si ama, molto dipende dal rapporto che c’è fra le persone cui è espresso, e dal modo o dal momento in cui la frase è detta.

Che significa innamorarsi
L’innamoramento ha a che fare con gli ormoni, la passione, le somiglianze nel carattere, le attitudini personali, e i bisogni da soddisfare. Innamorarsi significa riflettere il proprio amore nell’altro e allo stesso tempo coinvolge e sconvolge facendo provare emozioni diverse. Sull’innamoramento psicologhi e scrittori hanno versato fiumi d’inchiostro. Per saperne di più su questo tema consiglio di leggere, e di far leggere agli studenti, il libro Innamoramento e Amore del sociologo Francesco Alberoni, secondo cui ci si innamora quando si è pronti a mutare e a iniziare una nuova vita.


Adatta da un'articolo sul blog "lavocedinewyork", di Filomena Fuduli Sorrentino, 08 Mar 2015