Sunday, February 7, 2016

Sottomissione dell’Italia all’Islam o paternalismo?

In occasione della visita del primo ministro iraniano in Italia, la nudità di diverse statue nei musei di Roma è stata coperta per non urtare la sensibilità mussulmana. 


Sembrerebbe un episodio insignificante, però c’è da tener presente che in questi ultimi anni in nome dell’accoglienza, diversi comuni italiani hanno eliminato i presepi e altri simboli e tradizioni della cultura italiana.
Molti in Italia hanno vedute simili all’articolo di Il Giornale esposte nel primo link

Nel secondo link del Corriere della Sera ci sono divertenti vignette sull’ evento.


Sunday, January 17, 2016

Nomi divertenti e strani (purche' non siano i tuoi)

Chi non ha curiosato almeno una volta nell'Elenco Telefonico alla ricerca di nomi e cognomi strani?
Utilizzando gli elenchi telefonici presenti su Internet e grazie alle segnalazioni dei visitatori, Nomix.it ha condotto una ricerca il cui risultato ha a dir poco dell'incredibile... provate a dare un'occhiata!
I nomi più divertenti

Benvenuta VACCA
Viva CAPEZZOLI
DANIELE Killer
Felice MASTRONZO
SFORZA Italia
Kevin COSTA
Perla MADONNA
EVACUO Felice
Perla PACE
Tranquilla DALLE PALLE
Sandokan PORCU
SCOPA Tina
Santa PAZIENZA
TROMBA Daria
Felice DELLA SEGA
LIMONTA Felice
MADDIO Santo
POLLASTRONE Liberato
FRICCHIONE Generoso
BIGO Lino
TROIA Desiderata
LICENZIATO Assunto
PIZZA Margherita
Guido DI RADO
Felice DI GIOIA
SALSA Rosa
Pasqualino GIURATRABOCCHETTI
BARATTO Lino
Fragolina ALLEGRA
MEZZAZAPPA Ergene
GRAPPASONNO Concezio
AVANTI Speranza
Alfiero ALZALAMIRA
GRANVILLANO Crocefisso
Maria Fortuna INCOSTANTE
CUPO Felice
UCCEL Lina
GAMBAROTTA Addolorata
PISELLO Rosa
PISELLO Santo
LA VEGLIA Pasquale
Domenica DALL'OSPEDALE
CARTA Bianca
Domenica DI SCHIFO
FOTTI Donatella
Maria DESIDERIO VACCAREZZA
Domenica SAPORITA
Santa FIAMMANTE
Italia ALBANESE
Maria TANGA MADONNA
Bona PALLA
Melo FRENI
Giovanna FRENI in CULELLA
CULELLA Castrenze
Guido COLLUCCIELLO
ZAMPETTA Addolorata
Foresto FORESTI
Dante STABENE
LA GIOIA Felice
POZZESSERE Felice
GATTO Albino
Felice DEL TREDICI
FERRO Ferruccio
ERA Natale
Felice GAIO
Addolorato ADDOLORATO
CITA Dino
Sabato STANCO
SPERMAN Nello
Willy Narciso SPERMAN
SBOARINA Libera
Guido SICURO
VACCA Rosa
PASSACANTANDO Felice
Clara BELLA

Wednesday, December 30, 2015

Milano Expo 2015 - successo o flop?
   I voti all’Expo: tre semafori verdi, tre gialli e uno rosso
                    Adattato da un articolo nella pubblicazione Il Sole 24 Ore

1. Presenze – voto medio
Alla fine Expo ha raggiunto quota 21,5 milioni di visitatori, superando il traguardo dei 20 milioni che il commissario unico all'evento, Giuseppe Sala, aveva fissato prima dell'avvio della manifestazione (anche se l'obiettivo iniziale era di 24 milioni). Missione compiuta, verrebbe da dire. Le file all'ingresso e ai padiglioni dimostrano in maniera inequivocabile che, soprattutto da luglio in avanti, il sito è stato preso d'assalto dai visitatori. Da chiarire però i prezzi a cui i biglietti sono stati venduti e, dati i molti special, di conseguenza, gli incassi. Il budget è stato rispettato?

2. Servizi  – voto medio
La partenza, il primo mese, è stata molto a rilento. Calcinacci e sacchi di detriti nei vialetti laterali testimoniavano la corsa in apnea per arrivare al traguardo dell'inaugurazione. Alcuni padiglioni erano incompleti, un piano di Palazzo Italia chiuso. Chiusi i servizi, chiusa la terrazza. Da giugno in avanti, però, la musica è cambiata completamente. Segnaletica a posto, servizi efficienti, mobilità interna molto buona, punti di informazione funzionanti. Unico grande neo, tuttavia, restano le code: all'ingresso, ai padiglioni. Code ordinate e ben gestite, d'accordo, ma pur sempre attese lunghissime. Le dieci ore segnalate al padiglione del Giappone erano, più o meno, l'orario completo di apertura.

3.  Accesso al sito – voto buono
Il sistema infrastrutturale per accedere al sito era uno degli spauracchi della vigilia. Si temevano intasamenti delle strade, code sulla tangenziale di Milano e la A4, treni affollati e metropolitane impraticabili. Anche perché alcune opere viarie non erano state completate. Invece il sistema ha retto. Poche volte ci sono stati intasamenti davvero problematici, non molto di più di quello che succede nei giorni critici a Milano, in occasione di avvenimenti importanti come le sfilate della moda e il Salone del mobile. Il mix incoraggiato dalle autorità tra trasporti pubblici (circa il 40 per cento degli accessi) e auto private ha funzionato.
4. Indotto turistico – voto buono
La quota di occupazione degli alberghi è in media salita dal 79% del 2014 all'89%. Aumenti di presenze e di occupazione delle camere si sono registrati anche nelle città limitrofe a Milano e a Venezia e Firenze. A settembre gli arrivi nei tre aeroporti milanesi sono cresciuti del 7 per cento. Rispetto alle previsioni della vigilia non c'è stata la valanga cinese, mentre sono cresciuti gli arrivi di italiani ed europei. Milano si è mostrata nella sua forma migliore.

5. Eventi e fuori Expo – voto scarso
È stata la sola voce di Expo decisamente al di sotto delle aspettative. Da un lato il successo del sito ha ridotto gli spazi per gli eventi in città, dall'altro il cartellone degli eventi si è dimostrato inferiore delle aspettative, con manifestazioni e spettacoli non abbastanza appealing per convincere i visitatori di Expo a spostarsi in città. Tanti piccoli eventi, molti dei quali già previsti e soltanto “Expo-vestiti”, pochi spettacoli «mass mover». Ha deluso anche la risposta del pubblico a programmi “di peso”, come quello messo in piedi dal Teatro alla Scala per tutta l'estate, che non ha dato i frutti sperati. Il colpo di grazia, anche ai ristoranti e ai locali milanesi, lo ha dato il biglietto a 5 euro per accedere a Expo dalle 18 in poi. Molti milanesi, nelle serate estive, si sono trasferiti a Rho per cenare, vedere lo spettacolo dell'Albero della vita o i numerosi concerti e performance organizzati all'interno dei sito espositivo. Insomma, fuori Expo vittima di Expo.

6. Visibilità all'estero – voto buono
Sono 140 i Paesi che hanno partecipato ufficialmente a Expo. Sono 54 i padiglioni costruiti dai Paesi e nove i cluster con più Stati presenti. Sessanta i Capi di Stato e di Governo che hanno visitato il sito di Rho, tra cui il russo Putin, il britannico Cameron, la tedesca Merkel, il francese Hollande e lo spagnolo Rajoy. Ma probabilmente l'evento più mediatico è stata la visita della first lady americana Michelle Obama con le due figlie, accompagnata tra i padiglioni da Agnese Renzi. Inoltre hanno visitato l'Esposizione universale circa 300 delegazioni istituzionali internazionali, arrivate in Italia con l'obiettivo preciso di cercare contatti commerciali e industriali con le nostre istituzioni e le nostre imprese. Expo per sei mesi è stata la vetrina dell'Italia nel mondo e le immagini, metaforiche e reali, di una Milano efficiente e attraente sono rimbalzate in tutto il mondo. È l'eredità sulla quale vanno costruite e consolidate relazioni di business. Non poco.

7. Incontri B2B – voto medio
La cifra definitiva è difficile da quantificare, perché quasi tutti i padiglioni hanno dato vita, nei sei mesi di Expo, a incontri d'affari tra delegazioni (istituzionali, commerciali e industriali) dei propri Paesi e le istituzioni o le aziende italiane. Senza contare i tanti eventi business organizzati fuori dal sito di Expo e addirittura fuori Milano. Secondo la Camera di commercio di Milano, la cifra complessiva dovrebbe attestarsi attorno a 40mila incontri B2B, che hanno coinvolto migliaia di imprese italiane, e non soltanto del settore agroalimentare (protagonista di Expo). Resta tuttavia da capire e verificare se, nei mesi a venire, i tanti contatti creati attraverso questi incontri si tradurranno in opportunità e commesse concrete per le aziende italiane.


Tuesday, December 8, 2015

Rome Maker Faire, il terzo polo dell’innovazione dopo San Francisco e New York
È una fiera che unisce scienza, fantascienza, tecnologia divertimento e business e dà vita a qualcosa di completamente nuovo. I risultati di makers, sognatori e appassionati, sono visibili al Maker Faire di Roma, la più grande fiera europea dell’innovazione tecnologica, nonché la terza più importante al mondo dopo quella di San Francisco e New York. L’evento ha ospitato 600 stand e 700 invenzioni selezionate tra più di 1300 progetti provenienti da tutto il mondo.
Maker Faire è un evento pensato per accendere i riflettori su centinaia di progetti provenienti da tutto il mondo in grado di catapultare i visitatori nel futuro.
Non solo una fiera per addetti ai lavori. Alla  Maker Faire, infatti, si possono trovare invenzioni in campo scientifico e tecnologico (dalle stampanti 3D ai wearables, passando per droni, robot e il digital manufacturing) ma anche nuove forme di arte, spettacolo, artigianato, sperimentazioni sul cibo e attrazioni mai viste prima.
Per fare qualche esempio si possono citare la pinza chirurgica intelligente che è stata brevettata da alcuni medici e ingeneri dell’Università la Sapienza di Roma, capace di distinguere i tessuti sui quali si opera, evitando errori come la sezione di un nervo.
Air Quality Monitor è stata progettata per permettere l’acquisizione di vari parametri ambientali, soprattutto orientati ad indicare la qualità dell’aria.  Acquabot, un drone dotato di eliche per la navigazione subacquea autonoma e fotocamera per catturare bellissimi video subacquei.  Tante le invenzioni anche in campo alimentare: ArdBir ha concepito un metodo automatizzato per realizzare la birra in casa.

Il filo conduttore è la semplificazione e il miglioramento di processi già esistenti o la creazione ex novo di soluzioni che risolvano piccoli e grandi problemi.

Tuesday, November 17, 2015


Ferrante ha scritto il Grande Romanzo Americano?
Paolo Armelli, Wired blogger, Pubblicato novembre 12, 2015
Che i romanzi di Elena Ferrante siano un enorme successo commerciale negli Stati Uniti, dove sono conosciuti ormai come “the Napolitanean novels“, è ormai un fatto. Capire i motivi di questo successo è leggermente più complesso, perché si devono sommare più fattori e considerare anche la frammentazione del mercato editoriale americano. Ma se ne può dare anche una spiegazione di tipo socio-economico, oltre che letterario, come prova a fare Alissa Quart su BuzzFeed.
Secondo Quart, che si occupa di un’associazione che supporta lo studio giornalistico delle condizioni lavorative di povertà, il focus è ovviamente sulle due amiche protagoniste, Elena e Lila, ma da una prospettiva prettamente “economica”: “Mentre la maggior parte dei critici e dei commentatori si è concentrata sul ritratto dell’amicizia contrastata ma duratura fra le due donne, credo che questi libri catturino l’attenzione dei lettori americani per via dell’incredibile scalata sociale delle protagoniste“.
Insomma, nel più classico tema dell’American Dream, i romanzi di Ferrante hanno sbancato negli States proprio perché raccontano la mobilità sociale, tema che oggi è quasi mitologico perfino oltreoceano. Figlie rispettivamente di un usciere e di un calzolaio, Elena e Lila hanno, fin dalla quinta elementare, come obiettivo il benessere: ci riusciranno l’una sposandosi “bene” e intraprendendo la carriera intellettuale grazie alle conoscenze del marito, l’altra superando varie traversie e buttandosi nel boom tecnologico degli anni Sessanta.
Un’altra epoca, appunto, ma che può ben essere correlata all’America dei giorni nostri. Un commentatore citato da Quartz dice infatti: “Anche se ambientata in un tempo e in un luogo specifici (la Napoli degli anni Cinquanta), la saga rappresenta gli effetti universali che la povertà comporta nella vita delle persone: parla dunque anche delle zone rurali e dei ghetti urbani degli USA nel 2014“.
Le scalate sociali e la possibilità di “redimersi” da una condizione di povertà estrema sono temi che si riscontrano nei romanzi di Ferrante ma che sono divenuti una rarità nella letteratura americana. C’è piuttosto la preoccupazione di narrare come la crisi minacci o faccia effettivamente perdere le posizioni di vantaggio ottenuti nei decenni precedenti: perfino il recente Purity di Jonathan Franzen, considerato l’erede più significativo del Grande Romanzo Americano, sembra noncurante di questi argomenti.

Eppure, afferma Quartz, “ci sarebbe una grande letteratura che attende di essere scritta sulle persone congelate nella loro posizione a causa delle loro origini, del loro salario, del loro lavoro“. E ancora di più si potrebbe dire su coloro che intraprendono strade tortuose per arrivare a essere, finalmente, “qualcuno”. In questa situazione non stupisce, dunque, che Elena Ferrante sia la scrittrice che tutti i lettori americani vogliono leggere. Perché i suoi libri rappresentano il romanzo di cui attualmente gli Stati Uniti sentono la mancanza.

Tuesday, November 10, 2015

Perché diciamo le parolacce e quante sono?

Il bello delle parolacce
Per Sigmund Freud, padre della psicanalisi, "colui che per la prima volta ha lanciato all’avversario una parola ingiuriosa invece che una freccia e stato il fondatore della civiltà”.
Altri scienziati si sono spinti oltre: forse la prima parola dell’uomo fu... una parolaccia. L’ipotesi è dell'etologo Irenaus Eibl-Eibesfeldt: per lui gli insulti sono stati il più importante motore nello sviluppo del linguaggio, perché hanno aiutato a risolvere gli scontri in modo non cruento: "Se si toglie a un partner un oggetto con un gesto di minaccia, ciò provoca una reazione diretta. Usando le parole, in­vece, un'espressione di minaccia apre una discussione che può condurre alla soluzione del conflitto senza degenerare in atti violenti". Anche se, a volte gli insulti innescano risse...
Le parolacce, del resto, hanno una storia millenaria: compaiono già nella saga di Gilgamesh, il più antico poema della storia (2000 a. C). San Francesco d’Assisi è il primo santo a cui è attribuita una parolaccia. Nei Fioretti dice a un demonio “Apri la bocca: mo’ vi ti caco.”
Non stupisce quindi, che oggi le parolacce siano state depenalizzate: la legge 205 del 1999 ha preso atto che le volgarità sono entrate nel linguaggio di tutti e non sono più un'offesa alla pubblica decenza. Del resto si stima che in tv si dica una parolaccia ogni 21 minuti... Il vocabolario Zingarelli ne conta 301 però se includiamo le espressioni composte, “porco Giuda”, e dialettali si arriva intorno alle 3000.

A rischio di galera
Eppure, altre 30 leggi puniscono le parolacce (dall’oltraggio all’ingiuria), prevedendo fino a 5 anni di carcere per chi insulta (vilipende) il presidente della Repubblica o un giudice. E fa sempre scandalo quando qualcuno dice una bestemmia in tv...
Ma perché le parolacce hanno tanto potere? Perché si può dire feci, escrementi, pupù, cacca, ma se si dice merda si è tacciati di maleducazione? Per rispondere, bisogna definire che cos'e una parolaccia e che cosa la distin­gue dalle altre parole. L’impresa è difficile, persino per i linguisti. Timothy Jay, psicolinguista al Massachusetts College of liberal Arts di North Adams (Usa) e uno degli esperti mondiali sul tema, ha detto che le parolacce sono le ultime "parole magiche" rimaste all’uomo, perché consentono di ottenere 8 effetti che con le altre parole non si possono conseguire. Ecco quali.
1. Sfogarsi: Quando esclamiamo Cazzo! Merda! Riusciamo a tradurre in parole emozioni così violente da essere inesprimibili: rabbia, frustrazione, sorpresa, paura … Così possiamo sfogare la nostra aggressività contro un oggetto o una situazione, evitando che il surplus di energia dell’ira si ritorca contro di noi. Molti disturbi psicosomatici come l’ipertensione o la colite possono dipendere da rabbia inespressa.
2.  Eccitare: Una parolaccia su due è un’oscenità: parla di sesso in modo esplicito. A differenza dei nomi scientifici (glutei), le parole oscene (culo) riescono a far “immaginare la parte del corpo di cui si parla”, disse Freud.
3.  Esprimere disgusto: Il fascino di pipì e pupù ha radici antiche: sono il nostro primo “prodotto”. Fu solo la vita sociale a trasformare le feci in oggetto di disgusto, per il timore che il loro uso incontrollato mettesse a rischio l’igiene. Ecco perché quando parliamo di cacca, oscilliamo fra l’infantile e la repulsione.
4.  Divertirsi: “Caro, ho l’impressione che tu sia meno dolce con me”. “Ma che cazzo dici, sei rincoglionita?” Senza le parolacce non farebbe ridere: le volgarità, infatti, sono un ingrediente essenziale dell’humour.
5.  Avvicinarsi: Perché se diciamo a un caro amico “Ciao, vecchia troia” lui non si offende? Perché dal tono di voce capisce che quell’insulto è detto in senso affettuoso.
6.  Attirare l’attenzione: Fa una grande differenza dire: “Che cosa vuoi?” e “Che cazzo vuoi?” Nel secondo caso, la parolaccia funge da rafforzativo: serve a informare sul proprio stato di irritazione, sfruttando l’intensità emotiva del termine sessuale. Si usa uno choc verbale per attirare l’attenzione, provocare, minacciare. “Quella cazzo di stampante!”
7.  Offendere e maledire: Prendiamo un insulto diffuso: “Faccia di merda”. Con questa espressione si abbassa la parte più nobile del corpo, il viso (specchio dell’anima), al livello più infimo: l’escremento, l’oggetto più repellente e privo di valore. Gli insulti, infatti, funzionano così: esprimano una degradazione, un abbassamento fisico, cioè lo spostamento dalla nobiltà della testa all’oscena materialità dei genitali (“Testa di cazzo”) o al deretano (“Faccia da culo”) oppure la degradazione ad animale (somaro) o vegetale (zuccone).
8.  Emarginare: Le parolacce non si usano solo per abbassare l’autostima di un avversario. Possono avere un effetto ancora più dirompente: scomunicarlo, ovvero emarginarlo da un gruppo bollandolo come “diverso”, anormale, fuori legge: bastardo, terrone, puttana, frocio, porco, rompicoglioni.

In sintesi, le parolacce mettono a nudo, in modo degradante e offensivo, le pulsioni fondamentali dell’uomo. E in questo modo evocano il timore della morte, perché rappresentano in modo diretto gli aspetti più delicati e vitali dell’esistenza. Le parolacce (e i relativi limiti d’uso) sono infatti un prodotto della convivenza sociale.

D’altronde, che modo sarebbe senza parolacce?  Cosi’: «Suina prostituta! Mi sono rotto i testicoli di queste multe di feci!» Volete mettere l’efficacia di «Porca puttana! Mi sono rotto le palle di queste multe di merda

Tuesday, November 3, 2015

Vuoi sapere il nome di un fiore o albero? Ci sono app gratis per questo!!

  
LeafSnap ti permette di identificare il tipo di albero tramite una foto di una foglia.  Ponile su un background bianco, scatta la foto e avrai una serie di immagini di alberi più probabili.

Per fiori e piante prova GardenAnswers.  Fai una foto ravvicinata e di nuovo compariranno foto dei fiori più simili.  Puoi fare domande e anche cliccare sulla foto per avere dettagli sulla sua manutenzione.


Naturalmente ci sono altre app gratis e a pagamento.

Buon divertimento.