Sunday, June 29, 2025

Bergen, la città medioevale futuristica

La nuova scienza per i rifiuti in Norvegia

Il cuore medievale della città di Bergen, Norvegia, che risale a 955 anni fa, ha uno dei sistemi di gestione dei rifiuti più all'avanguardia del mondo. Sotto il selciato si trova una rete di tubi che aspira i rifiuti dalla città con la stessa potenza di mezzo milione di aspirapolvere domestici. Gli abitanti accedono ai tubi tramite contenitori dedicati alla raccolta differenziata, ognuno programmato per rilasciare automaticamente il contenuto quando è pieno.

Di conseguenza, i camion della spazzatura percorrono meno strade di Bergen, alleggerendo il traffico, riducendo l'inquinamento atmosferico e riducendo le emissioni di gasolio fino al 90%, e il rumore della raccolta per la quiete degli abitanti. I residenti affermano che le strade appaiono più ordinate e che gli avvistamenti di topi sono diminuiti (in Italia si vedrebbero anche meno gabbiani). Inoltre, c'è meno rischio di incendi accidentali di rifiuti.

Bergen è una delle circa 200 città al mondo che hanno installato i cosiddetti sistemi pneumatici sotterranei per la raccolta dei rifiuti. Alcune città, tra cui Stoccolma, Seul e Doha, in Qatar, richiedono o incoraggiano i costruttori a installare tubi per la raccolta dei rifiuti nei grandi progetti di nuova costruzione. Ma Bergen si distingue per aver cercato di riqualificare i suoi quartieri antichi con un sistema automatizzato di raccolta dei rifiuti a livello cittadino. L'esperienza mostra le potenzialità di questa tecnologia, ma anche i notevoli ostacoli da affrontare.

Bergen, con una popolazione di poco inferiore ai 300.000 abitanti, ha speso 1 miliardo di corone norvegesi (100 milioni di dollari) dall'inizio della costruzione del sistema nel 2007, e non è ancora stato completato. Nei quartieri non collegati, ci sono ancora molti bidoni della spazzatura vecchio stile in giro, e i camion della spazzatura continuano a girovagare. Completare la rete richiederà anni e altri 300 milioni di corone (30 milioni di dollari), affermano i funzionari. La difficoltà non risiede solo nei costi – che finiranno per ammontare a circa un anno del bilancio annuale della divisione gestione rifiuti – ma anche nella complessità logistica di scavare le strade della città.

Un nuovo modo di smaltire i rifiuti

Il quartiere di Odd Einar Haugen, un professore di filologia, è stato il primo ad essere collegato al sistema di raccolta rifiuti di Bergen 10 anni fa. Ora, le decine di cassonetti mobili nella sua strada sono state sostituite da tre "contenitori di raccolta rifiuti" grigi che sembrano delle cassette postali futuristiche.

Prima, soprattutto nei vicoli storici della città la gente non si preoccupava di portare avanti e indietro i cassonetti ma li lasciava nelle strade. "Ora siamo molto, molto soddisfatti di questo", ha detto Haugen. Quando un contenitore di raccolta nella strada di Haugen si riempie, una botola si apre e scarica il contenuto in un tubo d'acciaio di 50 cm di diametro sotto la strada.

In una stazione di smaltimento rifiuti a un miglio di distanza, tre ventilatori industriali iniziano a girare. Aspirano aria attraverso i tubi a 65 km/h, creando una corrente d'aria degna di una tempesta tropicale che, infine, si placa in un contenitore nella stazione. È come avere un sistema di aspirapolvere centralizzato per la propria casa, ma anche per tutti i vicini.

Nel complesso, il sistema richiede poca manutenzione. Ogni tanto, un operaio deve liberare un canale di raccolta intasato, dopo che qualcuno ha cercato di incastrarci dentro un vecchio ombrello o una grande scatola di cartone che non ci entra. Raggiunta la destinazione, un braccio di una gru installato sul soffitto della stazione di smaltimento rifiuti solleverà un grosso contenitore sul retro di un camion e un autista lo porterà a un inceneritore o a un impianto di riciclaggio.

Ci sono ancora camion che percorrono le strade di Bergen per raccogliere rifiuti ingombranti, raccogliere compost e svuotare i contenitori per la raccolta differenziata di vetro e metallo. (Il vetro non può essere inserito nei tubi, perché si frantumerebbe in un'infinità di schegge abrasive.)

Ma Envac — L'azienda svedese che ha costruito questo sistema e installato i primi cassoni per rifiuti al mondo in un ospedale svedese nel 1961, afferma che concentrare la maggior parte dei rifiuti alla periferia della città può ridurre del 90% la distanza totale percorsa dai camion, con un risparmio di carburante, manodopera ed emissioni. I funzionari di Bergen affermano di aver risparmiato complessivamente 22 milioni di dollari sulla raccolta dei rifiuti da quando hanno iniziato a installare il sistema nel 2007. Questo non è ancora sufficiente a recuperare l'investimento di 100 milioni di dollari della città, ma pensano che il sistema raggiungerà il pareggio "a lungo termine".

L'utilizzo degli sportelli per il riciclaggio di carta, cartone e plastica, o dei tradizionali contenitori per compost, vetro e metallo, è gratuito, ma se si utilizza lo scivolo per la raccolta non riciclabili più di quattro volte al mese, il costo è di circa 1 dollaro a passaggio.

Bergen ha incaricato un team di economisti della Norwegian School of Economics di studiare scientificamente l'effetto "paga quanto butti" sulle tariffe di riciclaggio.

I residenti tendevano a dichiarare di essere insoddisfatti della tariffa nei sondaggi. Ma gli economisti hanno scoperto che se abbinavano l'annuncio della tariffa a una lettera che spiegava perché è importante riciclare, e anche a un adesivo con una balena sorridente che esortava i residenti a salvare il pianeta, i punteggi di soddisfazione dei clienti tornavano alla normalità.

Una trasformazione incompleta

Ruderi antichi sottoterra, la Metro, i tram, le fogne, i sistemi elettrici e idrici sono ostacoli alla sua realizzazione. Questo è il motivo per cui la maggior parte dei sistemi di smaltimento rifiuti pneumatico è prevista in città di nuova costruzione, come Neom in Arabia Saudita o Lusail in Qatar, o in nuovi insediamenti in città come Stoccolma ed Helsinki. Quasi tutti si trovano in Europa, nel Sud-est asiatico o in Medio Oriente. Gli Stati Uniti hanno solo due sistemi di raccolta rifiuti simili: uno corre sotto Disney World a Orlando e l'altro raccoglie i rifiuti dagli abitanti degli appartamenti di Roosevelt Island a New York.

Quando si costruisce un nuovo quartiere da zero, posando le condotte fognarie e costruendo strade, il costo di aggiungere un altro tubo è trascurabile. Lì, la raccolta pneumatica dei rifiuti è imbattibile, ma in molti altri casi, non ha senso.

Questo non significa che le città esistenti non possano adottarne la tecnologia, secondo Juliette Spertus, urbanista della New York City Housing Authority che sta supervisionando l'installazione dei tubi di scarico in un campus di edilizia popolare a Manhattan. Anche in città come New York, dove quasi ogni centimetro quadrato è già edificato, i costruttori demoliscono continuamente edifici e ne costruiscono di nuovi, il che dà loro l'opportunità di creare un diverso tipo di sistema di raccolta rifiuti.

Wednesday, March 5, 2025

Antiche origini della popolazione italiana

 Un bambino di 17.000 anni fa fa luce sul patrimonio genetico dell’Italia

La scoperta di uno scheletro di 17.000 anni fa nella Grotta delle Mura, vicino a Monopoli in Puglia, ha offerto nuove informazioni sulla storia genetica delle prime popolazioni umane nell’Italia meridionale. Il bambino, morto a soli 16 mesi, è uno dei ritrovamenti archeologici più significativi degli ultimi anni, in particolare perché il suo genoma è il più antico mai sequenziato in Italia. Lo studio è stato condotto da università italiane e tedesche e pubblicato su Nature Communications; offre uno sguardo affascinante sulla vita, la salute e l’ascendenza genetica di un giovane abitante del Paleolitico.


I resti scheletrici del bambino sono stati trovati nel 1998, notevolmente ben conservati, all’interno di una grotta carsica di grande importanza archeologica per le prove di attività umana risalenti a decine di migliaia di anni fa. Lo scheletro è stato trovato supino, parzialmente coperto da pietre, senza alcuna prova di corredi funerari o pratiche di sepoltura cerimoniale tipiche del tardo Neolitico. Nonostante la semplicità della sepoltura in sé, le condizioni del corpo hanno permesso ai ricercatori di estrarre circa il 75% del genoma.

Lo scheletro nella caverna

Il neonato visse solo pochi secoli dopo l'Ultima glaciazione massima, un periodo in cui le calotte glaciali ricoprivano gran parte della Terra. L'Italia meridionale, tuttavia, era più calda di altre parti d'Europa, offrendo un rifugio alla piccola banda di cacciatori-raccoglitori a cui apparteneva il bambino. Il clima relativamente mite di questa regione ha preservato i resti del bambino, il che ha permesso agli scienziati di recuperare gran parte del suo genoma.

L’eredità genetica delle prime popolazioni dell’Italia meridionale

Il DNA del bambino mostra che apparteneva a una popolazione di cacciatori-raccoglitori occidentali, un gruppo che occupava gran parte dell’Europa durante il Paleolitico superiore. Queste popolazioni erano caratterizzate da pelle scura, capelli scuri e ricci e occhi azzurri, una combinazione di tratti abbastanza distinti da ciò che tipicamente associamo agli europei moderni.  Ma una delle scoperte più sorprendenti è stata, senza dubbio, la diversità genetica presente nel DNA del bambino, un chiaro riflesso della migrazione e della mescolanza genetica che si è verificata tra diversi gruppi di cacciatori-raccoglitori durante il Paleolitico. Nonostante vivesse nell’Italia meridionale, il profilo genetico del bambino ha mostrato affinità con popolazioni che vivevano in tutta Europa, in particolare nelle regioni intorno al Mar Nero e ai Balcani, il che supporta la teoria secondo cui l’Italia meridionale ha agito come un crocevia per varie migrazioni umane, un ruolo che avrebbe continuato a svolgere nel corso della storia.


Una vita segnata da problemi di salute

L’analisi genomica ha anche rivelato che il bambino soffriva di una cardiopatia congenita nota come cardiomiopatia ipertrofica, che probabilmente ha causato la sua morte. Questa malattia probabilmente l’ha ereditata dai genitori, che erano strettamente imparentati, probabilmente cugini di primo grado. Tali strette relazioni familiari non erano rare tra piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori, dove le popolazioni erano relativamente isolate e le interconnessioni all’interno del gruppo erano una necessità per la sopravvivenza. 

 Oltre alle condizioni cardiache, le prove fornite dai denti del bambino suggeriscono che ha sperimentato stress fisiologico che potrebbe essere stato dovuto alle condizioni cardiache, ma potrebbe anche riflettere le sfide della sopravvivenza in un ambiente ostile. L’analisi degli isotopi dai resti indica anche che la madre ha sperimentato una mobilità limitata durante la gravidanza, indicando che la comunità è probabilmente rimasta nello stesso posto per lunghi periodi, forse a causa delle condizioni ambientali o delle pratiche culturali.


Migrazione e continuità genetica nell’Italia preistorica

Uno degli aspetti più significativi di questa scoperta è ciò che ci dice sulle dinamiche migratorie e demografiche dei primi esseri umani nell’Italia meridionale. Le prove genetiche del bambino e di altri reperti simili indicano che le popolazioni in questa parte del paese all’epoca non erano isolate, ma facevano parte di una rete più ampia di gruppi umani che migrarono attraverso l’Europa. Il genoma del bambino rivela una miscela di tratti genetici di diversi gruppi di cacciatori-raccoglitori, dimostrando che anche nel Paleolitico superiore vi era un flusso genico significativo tra le popolazioni. Indica anche un grado di differenziazione genetica tra le popolazioni dell’Italia settentrionale e meridionale, il che suggerisce che mentre vi era un significativo movimento di persone attraverso l’Europa, anche le popolazioni locali iniziarono a sviluppare profili genetici distinti, probabilmente a causa dell’isolamento di diversi gruppi in risposta a barriere ambientali e geografiche.

Echi di un passato italiano diversificato

Quest’ultima scoperta sottolinea la natura dinamica e diversificata delle popolazioni che hanno abitato l’Italia nel corso della storia.  Successivamente, gli Etruschi e i Greci, seguiti dai Romani, hanno contribuito alla diversità genetica. Durante l’Impero romano, l’Italia è diventata un crogiolo di culture e popoli provenienti da tutta Europa, Nord Africa e Vicino Oriente. Questa diversità genetica è persistita fino al Medioevo, quando la posizione centrale dell’Italia nel Mediterraneo ha facilitato il commercio, lo scambio culturale e ulteriori migrazioni. Nel tempo, l’arrivo di gruppi come i Longobardi ha continuato a plasmare la popolazione. Le tracce di questi antichi popoli sono ancora presenti nella moderna popolazione italiana, che rimane una delle più diverse, geneticamente parlando, in Europa.












Sunday, February 2, 2025

The Italian Robinson Crusoe

 Mauro Morandi, an Italian gym teacher who abandoned the modern world and lived for three decades on a tiny island off the coast of Sardinia, had a real-life adventure story that made him known as a latter-day Robinson Crusoe.

Mauro Morandi on Budelli

Part adventurer, part hermit, part conservationist, Mr. Morandi attracted international fascination with a story that in its most dramatic moments seemed drawn from shipwreck epics of centuries past. The story began, however, squarely in the modern age, and with the eminently modern problem of midlife ennui.

A native of the north-central Italian city of Modena, spent his early career as a physical education teacher but grew unhappy in his life and work. His principal, he told the Italian newspaper La Stampa, would sometimes look at him with a “scowl.” When an opportunity arose to take early retirement, Mr. Morandi jumped at it.

In 1989, the year he turned 50, he did something that even many of the most restless middle-agers would lack the gumption to do. He bought a catamaran, abandoned life as he had known it, and set sail with some friends for Polynesia.

The island Budelli with the Spiaggia Rosa

They got only as far as the Strait of Bonifacio, between the Italian island of Sardinia and the French island of Corsica. By some accounts, a mechanical failure forced Mr. Morandi to stop for boat repairs; by another, he spotted an opportunity to make money showing tourists around the islands that dot the strait and form the Maddalena archipelago.

In either case, he found himself on Budelli, a tiny island off the northern coast of Sardinia that is famed for its lustrous pink sand. Mr. Morandi felt immediately at home, having found in the place — as he put it — his own personal Polynesia. Budelli at that time was privately owned and was looked after by a caretaker who, Mr. Morandi came to learn, was days from retirement. Mr. Morandi’s arrival on Budelli at that point appeared foreordained. He agreed to take over as guardian, and for 32 years, except for occasional visits with his family in Modena, he never left.

Spiaggia Rosa on Budelli

Mr. Morandi made his residence in a shelter constructed during World War II and was often described as a hermit. But the truth was that he had his share of company — sometimes more than he wished for — especially when the summers brought sunbathers to Sardinia and the surrounding islands. Mr. Morandi defended Budelli’s fragile beaches from their invasion and kept its paths clean. More welcome to Mr. Morandi were tourists who were interested in the island’s ecology, for whom he served happily and expertly as guide and ranger.

He also received visits from friends, who brought food and other goods to supplement the provisions he obtained from the nearby larger island of La Maddalena. But often it was Budelli itself that provided for him. Mr. Morandi described eating seagull-egg frittatas, making stews from nettle, asparagus and chicory, and foraging for mushrooms.

He told Slate magazine that one winter, the wind howled in a way that he had never heard before or since and the waves reached a height of 18 feet. “I realized that humans are nothing against nature,” Mr. Morandi said. “Even with all of our technology, we are nothing but small ants.”

Mr. Morandi had a clock but did not look at it, he told Il Messaggero. He simply went to sleep when he was tired and awoke with the sun. He grew to know Budelli in intimate detail, to notice the gradations of color that distinguished one sunset from the next and to sense the tides that made the shore an ever-changing beauty. He shared that beauty with people around the world after Budelli was equipped with an internet connection. Despite his long years beyond the reach of modernity, he took easily to social media, regularly posting photos of Budelli’s flora and fauna. In time, Mr. Morandi became an island attraction of his own, often compared to the titular castaway of Daniel Defoe’s 18th-century novel “Robinson Crusoe.”


But in time, life changed. In 2016, Budelli became part of a government-owned national park. Officially, Mr. Morandi was no longer permitted to reside on the island. An online petition supporting his request to stay attracted nearly 75,000 signatures. In 2021, Mr. Morandi relented and moved to an apartment on La Maddalena, later returning to Modena, where he died in January at the age of 85.  When he died, he wished for his ashes to be scattered in the waters of Budelli.

Mauro Morandi was born in Modena on Feb. 12, 1939. He described himself to CNN as a “rebellious child” and said that he ran away from home for the first time when he was 9. He participated in the student protest movement that swept Italy in 1968.  He had three daughters but revealed little of his family life.

After his years as a gym teacher, Mr. Morandi ran a vintage clothing shop but could not escape the pull to turn away from society. He sailed along Italy’s Po River before venturing into the Adriatic and then on his aborted venture to Polynesia.

In 2020, as the world shut down amid the onset of the coronavirus pandemic, CNN interviewed Mr. Morandi about the nature of solitude. “The most beautiful, dangerous, adventurous and gratifying [journey] of all is the one inside yourself, whether you’re sitting in the living room or under a canopy here in Budelli,” he remarked. “That’s why staying at home and doing nothing can be really hard for many.”

Mr. Morandi was the subject of the book “The Guardian of Budelli: The Story of a Man and His Deserted Island,” which he co-wrote with Antonio Rinaldis. He had a theory as to why he inspired such interest, and it went beyond the curious tale of a man alone on a deserted island.

“I’m the living proof that a second, new life is possible,” he told CNN. “You can always start all over again, even if you’re over 80, because there are other things you can experience, a totally different world.”

Adapted from The Washington Post